Erano le 4.15 quando nella notte del 26 Febbraio di un anno fa un caicco con a bordo 180 migranti si scontrava con una secca a poche centinaia di metri dalla spiaggia di Steccato Cutro frantumando la chiglia dell’imbarcazione. Il naufragio avrebbe causato la morte di 94, persone fra cui 35 minori – il più piccolo aveva pochi mesi -, 5 dispersi, 81 sopravvissuti e un indefinibile costo a livello di umanità, etica e responsabilità politica in materia di politiche migratorie
I mancati soccorsi
E’ passato un anno dalla strage di Cutro, un fatto che continua ancora oggi a tormentarci, mentre sono in corso le indagini per chiarire le responsabilità del mancato soccorso. Frontex, la Guardia Costiera, la Guardia di Finanza, sono tante le entità che potrebbero essere coinvolte. L’imbarcazione, evidentemente sovraccarica, era già stata avvistata da Frontex mentre si dirigeva faticosamente verso le coste italiane, tuttavia, non essendo stata considerata in condizione di distress a causa dell’apparente navigabilità del mare – che presto con il mutare delle condizioni metereologiche avrebbe reso impossibile al caicco la prosecuzione del viaggio – non si è proceduto con l’avvio di un’operazione Sar di Ricerca e Soccorso in mare.
Dichiarazioni lacunose, che si scontrano con le testimonianze di chi quella notte ha avvistato l’imbarcazione dalle coste crotonesi che invece riconoscevano in quel vento che si stava alzando il segnale di un mare che presto si sarebbe reso innavigabile. La presenza di quel caicco non ha fatto scattare, dunque, l’operazione SAR, ma è stata avviata una ordinaria law enforcement come spiega bene Vincenzo Spagnolo per l’Avvenire: per contrastare la cosiddetta immigrazione “clandestina”, è stata persa l’occasione di salvare un centinaio di persone.
Bisogna anche aggiungere, come ha scritto Fulvio Vassallo Paleologo, che le responsabilità andrebbero cercate anche negli organi centrali che coordinano da Roma le operazioni di soccorso come il Viminale e il Ministero delle Infrastrutture.
Ad oggi c’è stata una prima condanna: uno dei quattro uomini accusati di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, naufragio colposo e omicidio” che aveva chiesto il rito abbreviato, è stato condannato a 20 anni di reclusione. L’indagine sul ritardo dei soccorsi è invece ancora in corso.
Il discorso politico si focalizza sulla lotta agli “scafisti”, capro espiatorio perfetto per dare il via ad un’ulteriore operazione politica che mira ancora una volta alla protezione dei confini e non al salvataggio delle persone in mare.
Un decreto propagandistico
Cutro, del resto, è anche il nome corrente con cui ci si riferisce al Decreto Legge 20/2023 approvato dal Consiglio dei Ministri tenutosi proprio Cutro, quando gli esponenti del Governo invece di incontrare i sopravvissuti alla strage, hanno annunciato nuove norme volte da un lato ad indebolire l’accoglienza dall’altro a legittimare ancora di più il funzionamento e la presenza di strutture di detenzione amministrativa con l’introduzione di Centri per lo svolgimento delle cosiddette procedure accelerate di frontiera.
E’ così che Cutro oggi, ad un anno di distanza da quella notte, richiama una doppia ferita: è il luogo in cui sono morte 94 persone che potevano essere salvate; è il nome improprio di un decreto che si è fatto ennesimo strumento criminogeno nei confronti di chi migra. Tuttavia concordiamo con l’associazione Naga con la necessità di ricordare quanto avvenuto, nella consapevolezza dell’opacità della catena di responsabilità effettiva dei mancati soccorsi e la chiarezza della catena di responsabilità politica e morale che ci costringe ad anteporre costantemente la parola “ennesima” riferendoci alle stragi che avvengono nel Mediterraneo. Responsabilità, quest’ultima, che deve anche rispondere delle speranze disattese dei sopravvissuti e le sopravvissute al naufragio che sono ancora in attesa di apertura di corridoi umanitari e ricongiungimento familiare. Responsabilità che ci impone di ricordare tanto le 94 vittime quanto tutte le altre che sono morte nel tentativo di raggiungere l’Europa.
Ricordando, con le parole dei pescatori di Cutro, che per primi prestarono soccorso, che quella strage si poteva evitare.