In queste ultime settimane sono stati disposti dei fermi amministrativi per la Sea-Watch 5 e per la Sea-Eye 4. Da poco è invece terminato il fermo amministrativo della Ocean Viking, in tempo per salvare 25 persone lo scorso mercoledì 13 marzo a bordo di un gommone sgonfio che prima ne ospitava una settantina stando alla testimonianza dei superstiti.
Continua dunque la politica anti-ONG. Queste, nonostante non siano le principali protagoniste dei salvataggi in mare – la maggior parte delle operazioni di salvataggio, infatti, è effettuata dalla Guardia Costiera -, continuano ad essere ostacolate dal governo italiano che dispone sempre più spesso dei fermi amministrativi delle loro navi. L’accusa principale è di aver violato il DL 1/2023, in particolare il punto che impone il raggiungimento immediato del porto assegnato e che vieta di effettuare soccorsi multipli. Fra i casi più discussi negli ultimi giorni, quello del fermo amministrativo della Sea Watch 5.
Il caso emblematico della Sea-Watch 5
Il 6 Marzo la Sea Watch 5 trae in salvo 56 persone in un’imbarcazione di legno sovraffollata, di queste cinquantasei persone, quattro erano prive di sensi sottocoperta. Durante il salvataggio, un ragazzo di diciassette anni ha un arresto cardiaco e muore poche ore dopo. Inizia così l’Odissea per l’equipaggio, nel tentativo di trovare un porto sicuro di sbarco per le persone salvate e per restituire la salma del ragazzo.
Come ricostruiscono bene Pressenza e Luca Pons per Fanpage, l’equipaggio allerta tutte le autorità costiere per ottenere l’evacuazione medica urgente della salma e degli altri migranti: la Tunisia non si è presa la responsabilità dell’intervento suggerendo di contattare l’Italia; le autorità italiane hanno dichiarato che Lampedusa non era attrezzata per la situazione in quel momento e che un elicottero ci avrebbe messo troppo a raggiungere l’imbarcazione; Malta non ha mai risposto alla segnalazione della Sea-Watch.
La nave prosegue la navigazione a nord. Solo quando l’imbarcazione si avvicina alle coste lampedusane, interviene la guardia costiera italiana per l’evacuazione medica, portando in salvo le quattro persone, senza però accettare di portare a terra il corpo del giovane deceduto: la salma avrebbe dovuto sbarcare insieme alle restanti 51 persone tratte in salvo nel porto di Ravenna, a più di quattro giorni di navigazione. La decisione della Guardia Costiera suscita un prevedibile malcontento, tanto nel mondo delle ONG e delle associazioni, quanto da parte di alcuni esponenti politici e finalmente viene assegnato un nuovo porto di sbarco a Pozzallo, dove la Sea Watch 5 finalmente ha potuto portare in salvo le persone.
Nonostante sia stata riconosciuta, per quanto in maniera tardiva, l’effettiva urgenza che stava affrontando la Sea Watch 5 e sia stato ottenuto un secondo porto di sbarco (arginando la regola che impone di dirigersi tassativamente nel porto assegnato), il lieto fine non è completo. Infatti, attualmente la nave si trova in stato di fermo amministrativo per 20 giorni con l’accusa di non essersi coordinata con le autorità libiche.
La pratica dei fermi alle navi delle ONG
Il fermo amministrativo per le navi delle ONG sembra essere diventato una prassi.
Ad aprire l’anno era stata la Ocean Viking in stato di fermo nel porto di Bari per aver violato il decreto Piantedosi variando la rotta per verificare se fosse necessario eseguire un altro salvataggio a causa di una segnalazione ricevuta.
Qualche giorno dopo la nave di Open Arms è stata accusata di aver ostacolato le operazioni di una motovedetta della guardia costiera libica eseguendo tre salvataggi.
La Sea Eye 4 è stata bloccata un paio di settimane fa a Reggio Calabria per mancato coordinamento con la Guardia Costiera Libica, con un provvedimento che prevede un fermo di due mesi a causa della recidiva: al terzo grado di reiterazione dell’illecito scatta la confisca della nave. Sempre in questo mese, anche la Humanity 1 è stata fermata al porto di Crotone.
Con questi molteplici fermi, il governo continua a mostrare il cosiddetto “pugno duro” nei confronti delle ONG che, come hanno dichiarato all’uscita del nuovo codice di condotta emanato alla fine del 2022, non hanno smesso di salvare vite in mare. L’obiettivo di questa strategia è chiaro: con l’avvicinarsi delle elezioni europee, le ONG tornano ad essere un utile capro espiatorio da usare nella campagna elettorale, alimentando l’idea secondo la quale gli arrivi dei migranti e la cosiddetta immigrazione “illegale” sono “causati” dalle Ong. Il risultato ancora una volta è quello di criminalizzare chi salva viete umane.
Già al momento della sua pubblicazione, più parti hanno sostenuto l’inapplicabilità del decreto Piantedosi che, come sosteneva Duccio Facchini per l’Altreconomia, è pesantemente in contrasto con il diritto internazionale. Non stupisce dunque che in due tribunali queste disposizioni amministrative siano state sospese.
A Brindisi e a Crotone sospendono i fermi
Quando per la nave Ocean Viking è stato disposto a febbraio lo stato di fermo amministrativo nel porto di Brindisi, la ONG di riferimento la Sos Mediteranée, ha deciso di fare ricorso. In attesa dell’udienza – che si è tenuta il 14 Marzo – la magistrata Roberta Marra ha sospeso il fermo amministrativo. Tra le ragioni che costituiscono un buon precedente, come riportato anche dall’articolo di Giansandro Merli per il Manifesto, bisogna considerare come «Il tribunale ribalta la prospettiva del provvedimento sanzionatorio: riconosce l’importanza del soccorso civile e afferma che il blocco della nave può ledere diritti costituzionali».
Mentre a Brindisi è ancora in corso il processo alla Sos Mediteranée, nel Tribunale di Crotone viene sospeso il fermo alla Humanity 1, nave della ONG tedesca Sos Humanity: al fermo amministrativo di 20 giorni gli avvocati dell’organizzazione presentato un’istanza per la sospensione del provvedimento inaudita altera parte: una disposizione che viene applicata senza contraddittorio e che, parimenti al caso di Brindisi, dovrà essere confermata con un’udienza. Il giudice del Tribunale civile di Crotone, Antonio Albenzio, dopo aver analizzato il ricorso presentato dalla ONG, il 18 Marzo ha disposto la sospensione del fermo amministrativo per la nave fissando la prossima udienza per il 17 Aprile.
Questi casi, da soli, non bastano per parlare di una reazione da parte della magistratura, come spesso si fa nel momento in cui in qualche tribunale viene messa in discussione l’applicazione degli ultimi decreti emanati dal Governo.
Tuttavia, sono dei precedenti preziosi che permettono anche nelle sedi giudiziarie di ribadire come salvare le vite di chi migra, nonché la migrazione stessa, sia un diritto che non deve essere ostacolato attraverso prassi e disposizioni puramente propagandistiche.
A dimostrarlo, forse, è proprio il caso della Ocean Viking che ha potuto salvare 25 persone a bordo di un gommone che ospitava circa 75 persone: stando alla testimonianza dei sopravvissuti, si tratta dell’ennesima strage le cui vittime sono almeno 50, fra morti e dispersi. Senza la sospensione di quel fermo sarebbe forse stato impossibile trarre in salvo quelle persone.