Come ogni anno l’Ufficio dell’OSCE per le istituzioni democratiche e i diritti umani (ODIHR) ha pubblicato il suo rapporto annuale sui “reati di odio”, ovvero sui reati che colpiscono particolari gruppi di persone sulla base di un movente discriminatorio. L’assenza di una definizione condivisa a livello internazionale, l’eterogeneità delle legislazioni nazionali e dei sistemi ufficiali di rilevazione, insieme alla tendenza, ancora molto diffusa a livello istituzionale, a sottovalutare la specificità di questo tipo di reati, ostacolano non solo le attività di monitoraggio e di misurazione, ma anche e soprattutto quelle di prevenzione e di contrasto. Sottolinea Odihr che la mancanza di dati ufficiali non significa che non sono compiuti reati discriminatori, ma che questi non sono denunciati o non sono archiviati in modo riconoscibile.
I dati
Odihr-Osce ha ricevuto nel 2020 informazioni ufficiali da parte di 42 paesi dell’Osce, ma solo 36 paesi hanno fornito dati statistici e solo in 22 casi i dati sono disaggregati sulla base del movente discriminatorio.
Ai dati ufficiali si aggiungono quelli forniti da 136 realtà della società civile che hanno inviato informazioni relative a 46 paesi.
Nel complesso sono state raccolte informazioni su 7.181 “episodi di odio”; su 3.173 sono disponibili dati statistici disaggregati, su 4.008 solo descrizioni qualitative.
L’Italia invia da diversi anni dati e segnalazioni sia a livello ufficiale che con contributi della società civile. Nel 2020 le forze dell’ordine e il Ministero dell’interno hanno riferito 1.111 reati discriminatori, tra i quali anche alcuni casi di incitamento all’odio e alla discriminazione.
I dati includono informazioni dal database della polizia (SDI) e informazioni raccolte dall’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti di discriminazione (OSCAD). I dati SDI sono disaggregati sulla base dei seguenti moventi discriminatori: “razza/colore”; etnia; nazionalità; lingua; antisemitismo; pregiudizi contro rom e sinti; pregiudizi contro i musulmani; e pregiudizi contro i membri di altre religioni. I dati OSCAD riguardano i “reati di odio” commessi sulla base dell’orientamento sessuale e identità transgender e di pregiudizi contro persone con “disabilità”.
Il movente razzista e xenofobo resta ancora una volta quello più ricorrente (848 reati), mentre sono 192 i reati compiuti contro persone disabili e 71 quelli che hanno colpito persone LGBT.
Ai reati segnalati dalle istituzioni, si aggiungono 272 episodi discriminatori segnalati dalla società civile; tra questi 87 hanno un movente xenofobo o razzista.
Tutti i dati raccolti da Odihr sono disponibili qui: https://hatecrime.osce.org/hate-crime-data
Un invito da raccogliere
Quest’anno Odihr, rivolge un invito particolarmente accorato agli Stati: bisogna fare di più per monitorare i reati di odio e per supportare con gli opportuni servizi e strumenti di protezione, le vittime che li subiscono. Se gli Stati non monitorano proattivamente – ricorda Odihr – è più difficile che le vittime ottengano giustizia.
Da qui l’invito a migliorare le capacità dei funzionari della giustizia penale di riconoscere, registrare, indagare e perseguire efficacemente i “reati d’odio” e a strutturare sistemi nazionali di sostegno, in collaborazione con le organizzazioni della società civile.
Non possiamo che essere d’accordo.