
«Immigrati questa è la situazione in Italia», questo è l’incipit dei manifesti apparsi davanti al centro di prima accoglienza di Via Traves, Torino, la sera del 29 Agosto. La firma è quella de La Barriera, gruppo di estrema destra, identitario e nazionalista che già si è reso protagonista di altri gesti simili nella città di Torino, in continuità con altre organizzazioni attualmente disciolte.
Come ha espresso in un comunicato, il gruppo, a fronte dell’arrivo di 60 migranti al centro di prima accoglienza, ha voluto lanciare, traducendolo in tre lingue, un messaggio chiaro: in Italia esistono problemi socio-economici più gravi rispetto a quello dell’accoglienza dei migranti. Per tale ragione i migranti dovrebbero fare ritorno al proprio paese, rivendicando il proprio «diritto a non emigrare».
Il razzismo benaltrista
Le parole d’ordine sono sempre le stesse: «rimpatrio immediato», «prima gli italiani», «chiudiamo i centri di accoglienza per la sicurezza del quartiere»; tutti concetti presenti tanto nei manifesti quanto nel successivo comunicato. Lo schema argomentativo è quello classico, basato sulla contrapposizione tra le condizioni incontrate dai cittadini italiani cosiddetti «autoctoni» e quelle delle persone di origine straniera. «1 italiano su 4 è a rischio povertà. 1 italiano su 8 è senza lavoro. 60.000 italiani senza casa.» sono le parole che campeggiano. Riprendendo i classici temi sociali della casa, lavoro e della generale situazione economica, argomenti critici e almeno dal punto di vista mediatico attualmente al centro del dibattito politico, si allude a qualcosa di preciso, ovvero alla penuria di risorse all’interno del paese. A causa di questa penuria di risorse, seguendo il ragionamento presente dietro le parole dei manifesti, sarebbe necessario concentrarsi solo ed esclusivamente sul benessere di una sola parte della popolazione presente nella penisola. Il ben noto «Noi», viene utilizzato per parlare a nome di tutti gli Italiani, come fosse urgente prima risolvere i problemi interni. E’ così che si ripropone una semplice ed efficace separazione fra un «noi» e un «loro», fra chi ha diritto di rimanere all’interno, in questo caso nel territorio Italiano, e chi deve rimanere all’esterno, esplicitato dal classico «tornate nella vostra terra». Si omette come la gestione delle risorse del paese rispetto al lavoro o la casa sia distinta dai fondi destinati all’accoglienza; si omette come il welfare non sia al collasso a causa dei migranti, ma di fallimentari scelte politiche che non hanno mai affrontato la questione sociale attraverso riforme strutturali.
Questo meccanismo retorico si è già visto; nel biennio 2016-2018, furono molteplici le manifestazioni contro i trasferimenti di migranti ai centri di accoglienza. Sta ritornando alla memoria a causa delle ultime vicende giudiziarie la manifestazione indetta dalla Lega a Saronno, ma sempre nel Torinese a giugno del 2018 Forza Nuova usciva pubblicamente con dei manifesti i quali presentavano la medesima retorica benaltrista, utilizzando quegli stessi argomenti che alludono all’argomentazione della penuria di risorse. Come sempre a fronte di una difficoltà oggettiva che i Comuni stanno riscontrando nell’accoglienza, gruppi razzisti e xenofobi cavalcano l’onda per promulgare messaggi contro le persone migranti e contro chi si occupa di assistenza alle persone in arrivo.
La difficoltà riscontrata dalle amministrazioni comunali
Il cosiddetto «Decreto Cutro» ha modificato drasticamente il sistema di prima accoglienza, con tagli da parte del governo su servizi essenziali. A poche ore dall’apparizione dei manifesti, il sindaco di Torino Stefano Lo Russo, come altri amministratori o realtà associative stanno facendo nel resto d’Italia in riferimento ai rispettivi territori, sottolineava la necessità che il Governo gestisca le politiche di accoglienza non più in maniera emergenziale, scaricando responsabilità gestionali sulle amministrazioni comunali, che non riescono più a far fronte da sole al numero di migranti in arrivo. Lo stesso centro di via Traves, che ospita le persone migranti in attesa che vengano ricollocate dagli uffici di prefettura nei vari CAS, supera spesso il massimo della capienza, con conseguente disagio da parte degli ospiti e degli operatori.
«La migrazione è un fenomeno strutturale di questi tempi e non emergenziale, quindi al di là delle esigenze della Città di Torino la necessità di avere un hub strutturato che possa assorbire anche le esigenze piemontesi è una grande necessità» dichiara Giuseppe Vernero, presidente della Croce Rossa Italiana di Torino, come riportato da Il Fatto Quotidiano.
Ogni qual volta cresce il numero degli arrivi, come in questo periodo, si ravvisano delle carenze da parte dello Stato, che reagisce senza mai affrontare il fenomeno in modo strutturale. Questo genera disagio e tensioni sociali e le realtà razziste – siano esse apartitiche o riconducibili ad una precisa forza politica – sono pronte a strumentalizzare le disfunzioni presenti nel sistema di accoglienza.
Quei manifesti, del resto, non hanno affatto come interlocutori né i 60 migranti arrivati in quelle ore a Torino, né le altre persone di origine straniera, ma soprattutto i residenti del quartiere le Vallette. Sono dei veri e propri messaggi di propaganda razzista e xenofoba in cui a un “noi” si contrappone un “loro”, manipolando il sentimento di disagio crescente in tutta la penisola, mentre le forze politiche continuano ancora a darsi battaglia sul Welfare e sul Salario minimo, a ridosso dell’inizio dei lavori sulla Legge di bilancio.
Episodi come questo di Torino, non ci stancheremo mai di ripeterlo, sono una riproposizione di un razzismo ben preciso, che attraversa tanto le istituzioni quanto alcune componenti della nostra società. E’ importante riconoscerli, non cadere in facili generalizzazioni, come inducono a fare certi messaggi e, partendo dalla propria quotidianità, contrastarli in ogni modo.