A seguito di un respingimento collettivo operato dalla Marina militare italiana nel 2009 ai danni di un gruppo di cittadini eritrei, poi ricondotto nelle carceri libiche, il Tribunale di Roma per la prima volta ha accertato il diritto dei ricorrenti a fare ingresso in Italia per formalizzare la propria domanda di asilo, oltre a riconoscere a ciascuno di loro un risarcimento di 15.000 euro. La pubblica amministrazione viene condannata a consentire l’ingresso in Italia ai ricorrenti, con le forme che saranno ritenute più idonee, al fine di esercitare di diritto di richiedere asilo in diretta applicazione dell’art. 10 comma 3 della Costituzione. Dopo una approfondita ricostruzione dei principi di protezione di cui all’art 10 e attraverso un richiamo alla giurisprudenza più rilevante della Cassazione, tra cui la decisione SS UU del 24.09.2019, il Giudice afferma che, qualora il richiedente protezione internazionale non possa presentare la relativa domanda in quanto non presente sul territorio italiano, per circostanze allo stesso non imputabili ed anzi riconducibili ad un fatto illecito commesso dalle autorità italiane, sussiste il diritto all’ingresso in Italia finalizzato alla formalizzazione della domanda d’asilo. In caso contrario, secondo il Tribunale, si determinerebbe un vuoto di tutela inammissibile in un sistema che a più livelli riconosce e garantisce il diritto di asilo nelle sue diverse declinazioni.
Qui di seguito il comunicato stampa congiunto di Amnesty International e Asgi.
Lo ha chiarito il 28 novembre 2019 il Tribunale di Roma che, applicando l’art. 10 della Costituzione italiana, a seguito di un’azione promossa da Amnesty International Italia con il supporto di Asgi e curata da un collegio di difensori, fra cui gli avvocati Cristina Laura Cecchini e Salvatore Fachile, ha accertato il diritto di entrare sul territorio dello Stato allo scopo di presentare domanda di riconoscimento della protezione internazionale per 14 cittadini eritrei respinti in Libia il 1° luglio 2009 dalla Marina militare italiana oltre al diritto a risarcimento dei danni subiti. Questa sentenza storica riguarda quanto avvenuto tra il 2009 e il 2010 quando, a seguito della conclusione dell’Accordo con la Libia, l’Italia ha effettuato numerosi respingimenti. Tale prassi era stata ritenuta illegittima già dalla Corte europea per i diritti umani con la sentenza Hirsi Jamaa e altri c Italia, ma, nonostante la condanna all’Italia, molti richiedenti asilo sono rimasti in attesa del giusto risarcimento e, soprattutto, senza la possibilità di accedere a una forma di protezione.
La base di tale decisione, individuata dalla giudice Dott.ssa Velletti, della I Sezione del Tribunale civile di Roma emessa nell’ambito del procedimento RG 5615/2016 – si trova nell’art 10 comma 3 della Costituzione che riconosce allo straniero il diritto di asilo e che deve ritenersi applicabile anche quando questi si trovi fuori dal territorio dello Stato per cause a esso non imputabili.
La sentenza è estremamente rilevante e innovativa laddove riconosce la necessità di “espandere il campo di applicazione della protezione internazionale volta a tutelare la posizione di chi, in conseguenza di un fatto illecito commesso dall’autorità italiana si trovi nell’impossibilità di presentare la domanda di protezione internazionale in quanto non presente nel territorio dello Stato, avendo le autorità dello stesso Stato inibito l’ingresso, all’esito di un respingimento collettivo, in violazione dei principi costituzionali e della Carta dei diritti dell’Unione europea.”
È evidente da tali poche righe la rilevanza e l’attualità della decisione e la sua potenziale ricaduta anche in termini numerici su tutti coloro a cui sia impedito nel proprio paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione e che, nel tentativo di entrare nel territorio dello stato per fare richiesta di asilo politico, sono quotidianamente respinti attraverso prassi illegittime dell’autorità italiana nelle zone di confine terrestri e marittime e di transito nei porti e negli aeroporti.
In particolare, la decisione apre uno scenario estremamente interessante in relazione alle politiche di esternalizzazione della frontiera e di gestione della rotta mediterranea attuata attraverso la collaborazione con le autorità libiche.
È evidente, infine, che ove fosse accertata una responsabilità delle autorità italiane nell’attuazione dell’insieme di misure che ha trasformato i respingimenti in una progressiva delega alla Libia per il blocco dei migranti, con i medesimi risultati in termine di mancato accesso alla protezione, migliaia di persone potrebbero essere interessate dai principi contenuti nella sentenza.
Per interviste:
Amnesty International Italia – Ufficio Stampa
Tel. 06 4490224 – cell. 348 6974361, e-mail: press@amnesty.it
ASGI – Ufficio stampa e comunicazione tel + 39 3894988460 – email info@asgi.it