Il quadro emerso dal monitoraggio dell’hotspot di Lampedusa, realizzato nell’ambito del progetto pilota In Limine, nato nel marzo 2018 da una collaborazione tra Asgi, Cild, Indiewatch e ActionAid (presentato nel report “Scenari di frontiera: l’approccio hotspot e le sue possibili evoluzioni alla luce del caso Lampedusa”), desta ancora più preoccupazione dopo l’approvazione del Decreto 113/2018 cosiddetto “Sicurezza eimmigrazione”, che disciplina per legge alcune delle prassi illegittime riscontrate, con il rischio di compromettere, in modo ancor più generalizzato, l’esercizio del diritto di asilo. Lo dichiarano le associazioni in una nota di oggi.

Nel corso del progetto sono state registrate – attraverso circa 60 interviste e attraverso l’osservazione diretta – significative violazioni della normativa vigente. In particolare, per quel che riguarda l’accoglienza materiale nell’hotspot, rispetto alle condizioni tragiche emerse nel marzo 2018, la parziale chiusura del centro e la diminuzione dei flussi hanno influenzato un’evoluzione significativa, che tuttavia presenta ancora alcune situazioni problematiche.

Dal rapporto emergono poi violazioni molto rilevanti in tema di limitazione delle libertà personali (prima del completamento delle operazioni di foto-segnalamento, i cittadini stranieri non avevano la possibilità di uscire dall’hotspot e si è registrata una profonda ambiguità rispetto alla natura detentiva o meno della struttura). Significative violazioni sono state riscontrate anche per quanto riguarda l’informativa sulla posizione dei cittadini stranieri e sulla possibilità di richiedere protezione. Il monitoraggio a Lampedusa ha evidenziato anche che molti cittadini stranieri non hanno ricevuto informazioni sul proprio status legale e sull’accesso alla procedura di protezione internazionale, diversamente da quanto previsto dalla legge.

Per quanto riguarda la classificazione dei migranti, il rapporto evidenzia che in molti casi lo status giuridico di richiedente asilo o di persona destinataria di provvedimento di respingimento sembra essere definito, contrariamente a quanto previsto nella normativa italiana e comunitaria, unicamente in ragione del paese di origine. I cittadini provenienti da paesi considerati non sicuri sembrerebbero quindi essere incanalati in maniera tendenzialmente automatica nelle procedure per il riconoscimento del titolo di protezione. Al contrario, i cittadini che provengono da paesi consideratisicuri sarebbero spesso destinatari di provvedimenti di respingimento differito. In questo modo gli hotspot funzionerebbero come strumento di differenziazione e selezione di richiedenti asilo e dei cosiddetti migranti economici.

Infine, il monitoraggio ha messo in luce come all’interno degli hotspot non verrebbero applicate o verrebbero applicate solo parzialmente le garanzie previste dalla normativa per la tutela dei minori anche per ciò che riguarda, ad esempio, il diritto all’unità familiare e al ricongiungimento, la nomina di un tutore che svolga un ruolo effettivo, il diritto ad essere collocati in una struttura idonea ad accogliere e tutelare i minori.

In Limine ha messo a punto e utilizzato diversi strumenti per raggiungere obiettivi differenti: contrastare le prassi illegittime e produrre un cambiamento strutturale nell’accesso dei migranti ai diritti in frontiera. Con questo obiettivo sono stati presentati ricorsi, esposti, segnalazioni e si è data diffusione immediata alle informazioni raccolte sulle gravi violazioni rilevate. Inoltre, il progetto ha voluto esercitare una pressione costante sulle autorità attraverso il monitoraggio e la presa in carico dei migranti al fine di vigilare sull’attuazione di prassi corrette e per garantire un intervento immediato ove si fossero rilevate violazioni.

Tutto questo – secondo Asgi, Cild, Indiewatch e ActionAid – appare più preoccupante dopo l’approvazione del Decreto Sicurezza (Dl 113/2018), che in sostanza disciplina diverse prassi illegittime osservate a Lampedusa e negli altri hotspot.

Alcune norme sembrano infatti destinate a ridefinire il funzionamento degli hotspot e tre profili in particolare – trattenimento fino a 30 giorni per la determinazione e verifica dell’identità e della cittadinanza per i richiedenti asilo (a cui si sommano altri 180 giorni in un CPR in caso di mancata identificazione), applicazione accelerata e in frontiera delle procedure di valutazione della domanda di asilo, trattenimento in luoghi cosiddetti impropri dei cittadini stranieri destinatari dei provvedimenti di espulsione – suggeriscono un possibile sviluppo su larga scala della limitazione all’esercizio del diritto di asilo.

Il recente Decreto dunque, se non sarà oggetto di modifica parlamentare, rende ancora più urgente la necessità che le procedure che si svolgono all’interno degli hotspot siano rese visibili e trasparenti, con l’obiettivo di ridurre abusi e violazioni dei diritti delle persone.

Le organizzazioni che hanno dato vita al progetto In Limine intensificheranno il loro impegno, aumentando anche il raggio di azione per monitorare gli effetti delle nuove norme.

Per info:
CILD – Andrea Oleandri – andrea@cild.eu – 3395799057
ASGI – Silvia Canciani – info@asgi.it – 3894988460
ActionAid Italia – Chiara Muzzi – chiara.muzzi@actionaid.org – 3316676827
Indiewatch – Laura Boursier Niutta – info@indiewatch.org – 3204734806