La violenza con la quale mercoledì mattina 24 maggio a Milano quattro agenti della polizia locale hanno picchiato Bruna, una donna trans straniera, per strada è inaccettabile. Indipendentemente da quanto successo prima. Non c’è nessuna, ma proprio nessuna giustificazione possibile di fronte a tanto accanimento sferrato con colpi di manganello, sul corpo e sulla testa, contro una donna già resa inerme a terra.
Le immagini del video girato dall’alto da parte di uno studente dell’Università Bocconi, diffuse online, sono chiarissime: i fatti parlano da soli. Ci rifiutiamo di riproporle, hanno girato in rete tanto da spingere la polizia municipale ad aprire un’indagine interna e, in attesa degli esiti, a distaccare gli agenti coinvolti ai servizi interni. E, secondo quanto riportato dalla stampa, la Procura della Repubblica ha aperto un fascicolo di indagine per il reato di lesioni aggravate dall’abuso della pubblica funzione.
Le prime dichiarazioni immediate del Sindaco e di alcuni assessori della giunta comunale milanese mostrano di non sottovalutare la gravità dell’accaduto.
E’ invece davvero incomprensibile che un membro del Sindacato Sulpl, si sia subito mobilitato per portare solidarietà agli agenti, tentando di giustificarne il comportamento con una ricostruzione di ciò che è successo prima della violenza. Secondo quanto dichiarato, la donna avrebbe tentato di importunare i bambini che entravano in una scuola elementare e alcuni genitori avrebbero effettuato la segnalazione. Gli agenti avrebbero fermato la donna, straniera e priva di documenti, e l’avrebbero caricata su un’auto. La donna sarebbe quindi scappata e poi bloccata di nuovo per strada dai quattro agenti con le modalità mostrate nel video. Le notizie di stampa fanno riferimento a uno stato di alterazione psicofisica della donna che avrebbe cercato di denudarsi di fronte alla scuola, gridato di avere l’Aids e sferrato un calcio contro uno degli agenti.
La procura di Milano ha smentito le ricostruzioni del sindacato. Gli agenti sarebbero intervenuti, secondo i pm, per la segnalazione di schiamazzi da parte della donna, ma non per atti osceni davanti ai bimbi di una scuola elementare.
Anche se la ricostruzione dei fatti antecedenti al momento in cui è arrivata la smentita della Procura fosse risultata esatta, ciò non modificherebbe la gravità di ciò che invece il video documenta chiaramente: colpi di manganello sferrati ripetutamente sul corpo e sulla testa contro una persona anche quando è già immobilizzata a terra. Debora Piazza, l’avvocata che segue Bruna, ha presentato una denuncia-querela alla Procura di Milano in cui avanza come ipotesi di reato la tortura aggravata dalla discriminazione razziale, lesioni aggravate dall’abuso di potere e minacce aggravate.
Si tratta di prassi non certo nuove alle forze di polizia locali, così come alle forze dell’ordine, soprattutto nei confronti di persone straniere o che si presumono tali, spesso (troppo spesso) adottate nel corso di operazioni mirate di controllo dei documenti. Anche per questo è importante che le indagini continuino a far luce su quanto successo. Ma quanto accaduto a Milano solleva anche il grande tema della adeguata formazione degli agenti con particolare riferimento alla preparazione necessaria per relazionarsi con le persone vulnerabili.
Il solito (disgustoso) sciame di commenti online che solidarizzano con gli agenti (o comunque ne giustificano l’operato), ci ricorda ancora una volta la patologia di un paese in cui ampia parte dell’opinione pubblica sembra volersi consegnare alle ideologie e alle pratiche securitarie e non si scuote neanche di fronte all’evidenza di una violenza così ingiusta e inaudita. Se poi l’ostentazione e l’abuso della forza sono rivolti contro una donna trans e straniera, tanto meglio. Un’occasione in più per continuare a propagare ogni forma di discriminazione e di razzismo nel Belpaese.