Lunaria, è andata in audizione al Senato presso la Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza, presieduta dalla senatrice Liliana Segre che sta conducendo un’indagine conoscitiva sulla natura, sulle cause e sugli sviluppi recenti dell’hate speech.
Un’occasione importante evidenziare i maggiori ostacoli che si incontrano nella lotta all’hate speech, fenomeno che, date le tante sfaccettature, necessita di un’analisi a tutto tondo per poter essere contrastato. Le forme più adatte per farlo non sempre coincidono o si esauriscono nell’uso dello strumento legale, soprattutto se consideriamo le nuove modalità di comunicazione di massa che sono spesso proprio i mezzi attraverso i quali passano i discorsi ostili.
Alla Commissione abbiamo riportato il punto di vista della nostra associazione, e di associazioni come Lunaria, che da anni ormai svolge un lavoro di osservazione e monitoraggio di episodi di discriminazione e razzismo e dal 2015 si occupa di attività di informazione e sensibilizzazione sull’hate speech.
Abbiamo posto all’attenzione della Commissione 4 punti.
Il primo è l’assenza di una definizione puntuale dell’hate speech nella nostra normativa nazionale, difatti al momento la norma di riferimento è l’art. 604 bis. del Codice Penale (Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa).
Lunaria ritiene dunque che la Commissione possa dare un contributo all’elaborazione di una definizione chiara del fenomeno a livello nazionale che contempli ulteriori moventi della discriminazione oltre a quelli già considerati dall’attuale legislazione.
Altro punto importante è quello relativo ai dati e alla misurazione di questo fenomeno, ovvero la carenza di sistemi ufficiali di misurazione che possano essere usati in modo standardizzato e comparabile. Abbiamo chiesto dunque alla Commissione di sollecitare alle autorità competenti la pubblicazione sistematica e la diffusione dei dati amministrativi che riguardano i reati di incitamento all’odio e alla violenza razzista.
Il terzo punto su cui ci concentriamo sono gli argomenti al centro dei discorsi di odio di matrice discriminatoria, xenofoba e razzista. Tra questi, per esempio, quelli che fanno leva sulla percezione di sicurezza e insicurezza legata alla presenza di cittadini stranieri nel nostro paese e all’arrivo dei migranti, sul concetto di invasione utilizzato per stigmatizzare le migrazioni, la competizione proposta tra i diritti dei nazionali rispetto a quelli dei non-nazionali e delle minoranze. Evidenziamo, inoltre, che nel parlare di questi temi si attinge a un universo lessicale drammatizzante e allarmistico che porta da un lato alla deumanizzazione delle persone, dall’altro a una polarizzazione del dibattito pubblico. Questo fenomeno si collega alla crisi di un modello di sviluppo e democrazia a cui le società occidentali stanno cercando di trovare risposta, soprattutto considerando l’ampliamento delle fasce di popolazione che sono escluse dal godimento di alcuni diritti fondamentali a causa delle disuguaglianze socioeconomiche che ne sono derivate.
Riteniamo dunque che anche l’hate speech deve essere analizzato in un contesto più generale e che sia indispensabile un rafforzamento delle politiche pubbliche strutturali di inclusione sociale volte a ridurre le diseguaglianze economiche e sociali che accompagnino una strategia nazionale contro il suo dilagare.
Infine, abbiamo segnalato alcune priorità su cui dovrebbe concentrarsi una strategia nazionale di contrasto al discorso di odio e di supporto alle vittime.
Servirebbe in primo luogo costituire una sede di coordinamento fra tutti i diversi attori interessati, dalle vittime alle associazioni antirazziste, al sistema dei media, le istituzioni e il mondo della scuola per coordinare i diversi livelli di intervento. Uno degli ambiti su cui è più pressante intervenire al momento è quello dello stanziamento di risorse pubbliche per gli interventi di supporto alle vittime, poiché è strettamente collegato al problema dell’underreporting: chi subisce questo tipo di violenza ha una certa reticenza a denunciare anche perché non vi è un sistema di protezione capillare, diffuso sul territorio, e riconoscibile. Da qui la richiesta di creare un sistema nazionale diffuso di sportelli e di servizi a supporto delle vittime di discriminazione.
Infine, consideriamo prioritarie le attività culturali di informazione e sensibilizzazione per prevenire l’hate speech, perché, oltre a quelli più gravi, vi sono una moltitudine di casi che non hanno rilevanza penale, ma che contribuiscono a creare un clima culturale che può favorire l’insorgenza dei casi di violenza più gravi. Serve dunque un impegno nazionale coordinato, soprattutto rivolto al mondo della scuola, ma anche un impegno del mondo politico e istituzionale, che ha un particolare potere di orientare il dibattito pubblico.
Quest’ultima considerazione è fondamentale se consideriamo il livello attuale di assuefazione e normalizzazione dei discorsi discriminatori. Il lavoro della Commissione e l’istituzione di una strategia nazionale contro il discorso d’odio sono quindi non solo utili, ma necessari.
Scarica qui il testo della nota presentata alla Commissione oppure rivedi l’audizione in Senato.