
“Dobbiamo fare attenzione alla distanza esistente tra la realtà descritta dalle statistiche e la realtà delle vite delle persone”. Ada Ugo Abara, presidente di Arising Africans, in Italia da diciannove anni e in attesa del riconoscimento della cittadinanza italiana, è una delle persone che i molti dati contenuti nel Dossier Statistico Immigrazione 2021 rappresentano. E’ intervenuta oggi alla presentazione del Dossier a Roma e esemplifica bene la distanza esistente tra i dati sulla presenza di cittadini stranieri che sono riusciti ad acquisire la cittadinanza italiana e la realtà concreta dei molti giovani figli dell’immigrazione nati o cresciuti qui, che ancora sono considerati stranieri dalle statistiche ufficiali, “a causa di una legge sulla cittadinanza concepita già vecchia, che va riformata”.
Ada Ugo Abara non ha avuto timore di dare un nome alle cause che generano questa distanza, parlando senza mezzi termini di forme di “razzismo istituzionale”: sono innanzitutto le leggi che disciplinano le politiche migratorie e l’acquisizione della cittadinanza che, seguendo un circolo vizioso, generano e riproducono la vulnerabilità delle persone che la statistica ufficiale definisce migranti, richiedenti asilo, rifugiati, cittadini stranieri, comunitari ed “extracomunitari. Una vulnerabilità che il Dossier Statistico Immigrazione 2021 curato da Idos descrive, come sempre, molto bene nella sua complessità.
Alcuni dati
Tra i molti dati presentati nel dossier sintetizzati qui, colpisce innanzitutto il dato sui cittadini stranieri residenti in Italia: al 31 dicembre 2020 sono 5.013.215, 26mila in meno rispetto al 2019. Tra questi, 1,4 milioni, pari al 29,3%, sono comunitari. I cittadini rumeni (1,1 milioni), quelli albanesi (410mila), quelli marocchini (408mila), quelli cinesi (288mila) e quelli ucraini (227mila) rappresentano le comunità di residenti stranieri più numerose. Di fatto da almeno circa cinque anni, nonostante le retoriche ostili lancino allarmi costanti, la popolazione straniera che vive nel nostro paese è sostanzialmente stabile (nel 2016 era di 4,8 milioni di persone) e rappresenta circa l’8,5% della popolazione totale. E ciò vale anche considerando le acquisizioni della cittadinanza: nel 2020 sono state 132.736, il 4,5% in più rispetto al 2019; tra il 2015 e il 2020 898.49. Sostanzialmente stabile anche la presenza degli alunni e degli studenti di cittadinanza non italiana: nell’anno scolastico 2019/2020 sono stati 876.878, per il 65,4% nati in Italia.
La novità rilevante riguarda l’occupazione. Nel 2020 gli occupati stranieri sono 2,3 milioni, il 10,2% del totale, 159mila in meno rispetto al 2019. I disoccupati sono 353mila e incidono per il 15,2% sul totale. Le donne rappresentano il 42% degli occupati e il 49,8 dei disoccupati stranieri. Per la prima volta, il tasso di occupazione dei cittadini stranieri (57,3%) è inferiore a quello dei cittadini italiani (58,2%). E il tasso di inattività (34%) è cresciuto del 16,2% rispetto al 2019. La pandemia da Covid 19 ha colpito in misura significativa anche il mercato del lavoro straniero, ancora prevalentemente concentrato nei segmenti meno qualificati e ad alta intensità di lavoro. Ci sono, però, due dati in controtendenza. Continuano a crescere le imprese gestite da immigrati che sono più di 631mila, il 2,5% in più rispetto al 2019. E crescono anche le rimesse inviate all’estero: nel 2020 sono state pari a 6,7 miliardi, il 12,5% in più rispetto al 2019.
A fine 2020 i soggiornanti non comunitari sono 3.373.876, 241.950 in meno rispetto al 2019 e per il 59,4% lungo soggiornanti. I nuovi permessi rilasciati nel 2020 sono 106.503 e registrano un calo del 39,9% rispetto al 2019. Il 58,5% è rilasciato per motivi di famiglia, il 25,3%, il 12,7% per richiesta di protezione internazionale, solo il 3,6% per motivi di lavoro. Anche perché, ancora a fine luglio 2021, solo il 27% delle 220.528 domande di regolarizzazione presentate hanno portato al rilascio di un permesso di soggiorno. Le richieste di protezione internazionale presentate nel 2020 sono invece 26.923.
Un dossier che non teme la complessità
Ma il Dossier si rivela uno strumento sempre più prezioso per capire a fondo (e collegare tra loro) la realtà delle migrazioni nel generale contesto di crescita delle diseguaglianze economiche e sociali che stanno alla base di un sistema economico governato da un “neoliberismo sfrenato”(Paolo De Nardis, presidente dell’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”) e provocano quel “pendolo delle politiche migratorie” che “oscilla eternamente tra immobilismo e coazione a ripetere” (Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS). Dal naufragio della nave Vlora del 1991 in poi, la categoria dell’invasione è la lente con cui le migrazioni sono concepite e (mal)governate. Una lente talmente distorta che nel famoso Pnnr, i migranti non sono nemmeno contemplati.
Gli amici di Idos ci invitano a rompere la gabbia entro la quale ci costringe la politica della solitudine (ancora De Nardis che cita Garcia Marquez), a spostare il nostro sguardo dal centro alle periferie, laddove i ghetti alimentano i conflitti sociali, a non trasformarci in “contagiatori di paure e di ripiegamento” (Alessandra Trotta, Moderatora della Tavola Valdese). Non resta che tenere il punto e, con le parole di Ada Ugo Abara, “posizionarci dalla parte giusta della storia”, tornando a combattere per i nostri diritti, e riconoscendo, ad esempio, che “la chiusura delle frontiere e le politiche di esternalizzazione hanno causato un aumento dello sfruttamento delle persone”, tra le quali le molte donne vittime di tratta (Suor Gabriella Bottani, coordinatrice della Rete internazionale contro la tratta Talitha Kum).