Il 2 Febbraio è iniziata la discussione alla Camera sul DL 2 Gennaio 2023 n.1, il Decreto emanato dal Governo sulla gestione delle operazioni di ricerca e soccorso in mare.
Un decreto contro le ONG
Il decreto va a colpire principalmente il lavoro delle Ong. I punti critici che modificano considerevolmente il lavoro delle Ong si trovano al comma 2-bis: «c) è stata richiesta, nell’immediatezza dell’evento, l’assegnazione del porto di sbarco; d) il porto di sbarco assegnato dalle competenti autorità è raggiunto senza ritardo per il completamento dell’intervento di soccorso».
Le navi, dunque, possono sbarcare solo nel porto assegnato e non in quello più vicino come sancisce il diritto internazionale e poiché il raggiungimento del porto deve avvenire tempestivamente e senza ritardo, le operazioni di soccorso multiple sono inibite. L’obiettivo del Governo, come dichiarato dal Ministro dell’Interno in conferenza stampa lo scorso Novembre, è dare un segnale all’Europa, ma anche “decongestionare” il sud, come dichiarato a Piazza Pulita.
Dietro questa operazione politica incorniciata da una retorica che ripropone in contrasto Unione Europea ed Italia strizzando l’occhio ai sovranisti, si nasconde il solo obiettivo di rendere più difficoltose le operazioni di soccorso in mare effettuate dalle ONG. A svelare le contraddizioni tra gli obiettivi dichiarati dal Ministro sono le vicende legate all’ultima operazione di salvataggio della Geo Barents, la nave di Medici Senza Frontiere.
Il caso della Geo Barents
Fra il 24 ed il 26 gennaio, la nave di Medici Senza Frontiere, a cui è stato assegnato come porto di sbarco quello di La Spezia – il più lontano mai assegnato ad una nave – ritarda le sue operazioni di soccorso. Infatti, nel momento dell’assegnazione del porto ligure erano presenti altre imbarcazioni alla deriva che non sarebbero mai state soccorse considerata la lunga distanza da percorrere. Così la Geo Barents interviene portando in salvo 287 persone, di cui 74 minori non accompagnati. L’Odissea non finisce qui. Il porto ligure sarebbe stato assegnato non solo nell’ottica di decongestionamento del sistema di accoglienza del Mezzogiorno, ma anche per ridurre gli spostamenti nei vari centri di accoglienza, molti dei quali presenti al Nord Italia. Ma 27 minorenni non accompagnati sono stati trasferiti a San Giovanni Rotondo, in provincia di Foggia.
La Geo Barents, che ha ripreso il largo per nuove missioni di soccorso, rischia dai 20mila ai 50mila euro di sanzione, che potrà essere confermata entro sessanta giorni.
Le conseguenze e l’appello del Consiglio d’Europa
Un provvedimento che legittima «una serie di ostacoli certamente non mirati a gestire i flussi migratori ma a contrastarli attraverso gli strumenti fuori dalla logica che sta alla base di tutti i nostri interventi: tutelare la vita delle persone e portarle in salvo nel minore tempo possibile. Gli obblighi di richiesta tempestiva di un porto e di raggiungimento nel più breve tempo possibile di questi porti possono sembrare ovvi e giusti se non ci trovassimo in situazioni in cui un ordine di quel tipo impedisce di salvare altre persone in difficoltà e mette i comandanti nel rischio concreto di violare un dovere che le convenzioni internazionali sanciscono da tempo. Questo decreto è assolutamente inaccettabile» spiega Emiliano Giovine, coordinatore del gruppo legale resQ. In questo valzer in cui il decreto cerca di aggirare il più possibile il diritto internazionale dietro le parole sicurezza, decongestionamento o responsabilità, l’unico obiettivo visibile è il contrasto del lavoro delle ONG, rendendo il Mediterraneo ancora meno sicuro, non alleggerendo affatto il sistema di accoglienza del sud con il solo impedimento dello sbarco e non responsabilizzando nessuno sull’alto rischio di morte in mare che questo decreto causa.
All’indomani della discussione in Camera arriva anche la lettera del Consiglio d’Europa, ricondivisa da testate giornalistiche ed ONG fra cui Mediterranea Saving Humans, che invita il Governo Italiano «a prendere in considerazione il ritiro del decreto o, in alternativa, ad accogliere tutte le modifiche necessarie nell’imminente dibattito parlamentare per assicurarsi che il testo sia pienamente conforme agli obblighi dell’Italia in materia di diritti umani e diritto internazionale.»
Le vittime principali della «logistica della crudeltà»
Bisogna, però, ricordare un punto importante: attaccare le ONG nel loro lavoro di soccorso comporta sacrificare ancora una volta le vite delle tante persone che attraversano il Mediterraneo in cerca di salvezza. Significa sottoporre queste persone – minori inclusi – ad un continuo stress, a maggiori incertezze anziché la sicurezza certa di un porto sicuro, il più vicino. Alla luce del viaggio che hanno affrontato quei 27 minori salvati dalla Geo Barents e che finalmente ora si trovano in provincia di Foggia, c’è da chiedersi perché dovrebbe essere più sicuro percorrere 1400 chilometri via mare per raggiungere La Spezia per poi dover tornare a sud via terra. Prendendo in prestito un’espressione usata da Giorgia Linardi in suo commento sulla vicenda Geo Barents per il quotidiano la Repubblica, questa «logistica della crudeltà» continuerà ad essere comunque contrastata seguendo il diritto internazionale, ancora al di sopra di qualsiasi disposizione nazionale, perché soccorrere le persone che si trovano in pericolo in mare è un dovere.