Ieri Associated Press, una delle maggiori agenzie di stampa statunitensi, ha annunciato, tramite il suo blog, che non userà più il termine “immigrato illegale o irregolare” per definire una persona. Kathleen Carroll, Senior Vice President e Executive Editor di AP, ha spiegato che “irregolare” o “illegale” può essere solo una condizione o un’azione, e non un individuo.
L’associazione Carta di Roma plaude all’iniziativa, sottolineando “l’uso responsabile e consapevole del linguaggio”, e la segnala “alle agenzie italiane certi del loro interesse sull’argomento”.
Un’indicazione tempestivamente recepita dall’agenzia stampa Adnkronos: ieri, con un comunicato, ha annunciato che non utilizzerà più la parola “clandestino” con riferimento alle persone immigrate, ad eccezione delle eventuali dichiarazioni presenti in comunicati stampa o dichiarazioni raccolte, che saranno, in tal caso, riportate tra virgolette. Al posto di “clandestino”, l’agenzia userà i termini più adeguati al singolo contesto, seguendo le Linee guida della Carta di Roma e le sollecitazioni della Presidente della Camera Laura Boldrini, una delle principali ispiratrici del Protocollo deontologico su richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti.
Annunciando questo cambiamento, il direttore dell’agenzia stampa, Giuseppe Pasquale Marra, ha dichiarato che ”l’uso di un linguaggio corretto è sempre importante per un’agenzia di stampa, ma lo è ancora di più quando si tratta di fenomeni, come l’immigrazione, su cui è facile alimentare paura, xenofobia e razzismo”.
A questo proposito, può essere interessante leggere la discussione interna tra giornalisti, riferita dal blog di AP, che ha portato alla modifica del loro codice stilistico interno, e all’evoluzione nell’uso di alcuni termini: ad esempio “undocumented” (senza documenti), abbandonato da tempo in quanto impreciso.
“Ogni giornalista in questo dovrebbe fare la propria parte”, ha aggiunto Marra. Non la pensano forse così i quotidiani Libero e Il Giornale, secondo i quali la decisione di Adnkronos non sarebbe una scelta dettata – finalmente – dalla consapevolezza dell’importanza che hanno le parole nella costruzione dell’immaginario sociale. I due quotidiani, piuttosto, vedono la presa di posizione dell’agenzia stampa come un modo per far “felice la neopresidente della Camera, Laura Boldrini, che nel passato incarico come portavoce presso il Commissariato ONU per i rifugiati, ha sempre avuto in gran dispetto la suddetta irripetibile parola”, (intendendo il termine “clandestino”). Per il giornalista di Libero, Giordano Teoldi, quella di Adnkronos sarebbe “ipocrisia terzomondista”. Del resto, Teoldi considera la Carta di Roma, il protocollo approvato il 12 giugno 2008 dall’Ordine dei Giornalisti e dalla Federazione nazionale della stampa, un “documento burocraticamente delirante”.
Anche Il Giornale, in un articolo di Sergio Rame (che cita proprio l’articolo di Libero), considera la mossa dell’agenzia stampa un “piacere alla Boldrini”.
E’ importante sottolineare che la parola “clandestino”, così come altri termini indicati dalle Linee Guida della Carta di Roma, non è, come scrive Rame, “una ‘parolina’ sgradita alla neo presidente della Camera Laura Boldrini. Nonostante i suddetti quotidiani provino a ridurre la questione a un fatto personale, è doveroso evidenziare come la battaglia per un linguaggio mediatico che rispetti i principi di aderenza alla notizia e non utilizzi dei termini stigmatizzi sia una questione che dovrebbe coinvolgere l’intera società, e ancor più gli operatori dell’informazione. Il modo di rendere le notizie plasma l’opinione pubblica: è un diritto per le persone leggere notizie prive di contenuti stigmatizzanti, e avere la possibilità di crearsi una propria opinione sulla realtà senza condizionamenti derivanti da parole usate ad hoc. E’ un dovere dei giornalisti rispettare i lettori, i protocolli adottati dagli Ordini di cui fanno parte, e le persone che vengono coinvolte nelle notizie.