Nel 2019 gli sbarchi sono crollati. Dunque non era in corso un’invasione. Oppure, si potrebbe opinare, le politiche del governo in carica sono così efficaci dall’aver ottenuto un crollo degli sbarchi sulle coste del nostro Paese. Senza uno sguardo attento, guardando il grafico pubblicato sul cruscotto giornaliero relativo alle migrazioni pubblicato sul sito del Ministero degli Interni si potrebbe spiegare così il crollo degli arrivi dalla Libia. La verità è, come spesso accade, più complessa.
Andiamo con ordine, rallegrandoci innanzitutto che ci sia un ritorno dei dati relativi alle persone ospitate nel sistema di accoglienza nel cruscotto giornaliero sul sito del Ministero. Da molto tempo, infatti, questi dati erano scomparsi dagli aggiornamenti. Ma passiamo agli sbarchi. I mesi di gennaio e febbraio confermano una tendenza iniziata molti mesi fa, nel corso della legislatura precedente: le persone che giungono in Italia sono meno rispetto al 2018, quando erano già meno rispetto al 2017 e al 2016. Gennaio e febbraio tendono per ragioni legate al mare a essere mesi in cui gli sbarchi diminuiscono. I picchi degli arrivi avvengono normalmente in estate. Aggiungiamo che in Grecia e Spagna sono arrivate in questi mesi circa 10mila persone. Se in Grecia il flusso, meno imponente che negli anni passati, è stato costante, la ripresa degli arrivi in Spagna è una novità.
Le nuove rotte, lo dicono anche i servizi nella loro relazione annuale presentata in questi giorni al Parlamento, passano per la Tunisia. Il drastico calo degli sbarchi, dicono ancora i servizi, è frutto del lavoro dalla Guardia costiera libica che ha rafforzato le proprie capacità e del rafforzamento del presidio al confine sud tra Niger e Libia. I servizi la chiamano “strategia del presidio avanzato” condivisa con l’Ue. Traduzione? Ci sono più persone che non riescono a salire su un barcone, lasciate in balia dei centri di detenzione libici, dove soprusi e torture sono all’ordine del giorno, anche quando non finiscono sulle pagine dei giornali e il titolo è focalizzato sul calo degli sbarchi.
Lo stesso si dica del confine sud: cosa significa controllo dei confini? E che fine fanno le persone respinte al confine tra Niger e Libia, visto che vengono da altri Paesi, hanno affrontato un viaggio molto duro e spesso si sono indebitate per intraprenderlo? Per queste ragioni legate ai diritti umani e ai diritti delle persone non c’è da gioire per la diminuzione degli arrivi. E’ la pressione migratoria a essere diminuita o più probabilmente è solo che i migranti sono tenuti lontani dai nostri occhi e non li vediamo più arrivare?
Non parliamo neppure del fatto che tra le persone che cercano di attraversare il confine nigerino o di salire su una barca in Libia ci sono anche molti in fuga dalla guerra. Se anche fossero un’infima percentuale, si sta negando loro il diritto di chiedere asilo e ottenere lo status di rifugiato. Ma c’è di più: l’assenza o quasi di flussi di ingresso regolari implica che senza gli ingressi irregolari, in Italia quasi non entra nessuno. Nel 2017, l’anno in cui l’ex ministro dell’interno Minniti ha considerato indispensabile stringere nuovi accordi di cooperazione per fermare gli arrivi dei migranti via mare e lanciare la campagna di criminalizzazione delle Ong che prestano soccorsi in mare, ha registrato in tutto 262.770 ingressi di cittadini non comunitari: solo 12mila sono per motivi di lavoro, 113.549 sono per motivi di famiglia, 18.323 per motivi di studio, 101.065 per asilo, richiesta di asilo e motivi umanitari, 17.633 per altri motivi (residenza elettiva, religione, salute). Sono dati ufficiali forniti dall’Istat e disponibili qui: http://stra-dati.istat.it/.
C’è da gioire per questo? No: l’anno scorso per la prima volta i morti italiani hanno superato i nuovi nati (una percentuale dei quali nasce da cittadini immigrati). Diventare un Paese di vecchi italianissimi potrà far piacere a qualche nostalgico degli anni ’60, ma non aiuta il Paese a crescere e ad essere dinamico.
Concludiamo con due note: nello stesso periodo in cui in Italia sono sbarcate 262 persone, nel mare italiano ne sono morte molte altre, 117 solo il 17 gennaio. L’aver limitato e ostacolato il lavoro delle navi delle Ong ha anche questo effetto.
L’altra nota riguarda di nuovo la relazione dei servizi segreti e il terrorismo. Nel testo leggiamo che i flussi migratori sono stati utilizzati in “modo sporadico e non strutturale” (due persone addestrate in Libia arrestate nel 2018) per far entrare foreign fighters di ritorno dalla Siria e potenziali terroristi. A essere più pericolosi in questo senso secondo i servizi sono gli sbarchi fantasma, ovvero barche che fanno solo il lavoro di trasportare queste persone e usano rotte non battute per farle sbarcare di nascosto.
La prossima volta che un ministro o un assessore vi dirà che i barconi portano terroristi, leggete loro la relazione dei servizi. E ricordate, le barche non portano nemmeno malattie, lo ha certificato persino la procura di Catania.
Martino Mazzonis