
Di Stefania N’Kombo José Teresa
La sfida è stata raccolta: l’8 e il 9 Giugno si voterà per i cinque referendum abrogativi riguardanti lavoro e ottenimento della cittadinanza per le persone straniere residenti in Italia. E’ andato dunque a buon fine, il lavoro e lo sforzo compiuto dalle associazioni aderenti al comitato referendario nel settembre del 2024 che hanno raccolto più di 600 mila firme per un quesito che propone una modifica dell’attuale legge sulla Cittadinanza (Legge n.91 1992), quesito approvato dalla Corte Costituzionale il 20 gennaio 2025.
Cosa propone il referendum sulla cittadinanza
Il quesito propone agli elettori in particolare la modifica del comma 1 dell’articolo 9 della Legge n.91/1992, abrogando la parte relativa all’acquisizione della cittadinanza da parte degli individui nati in Paesi non comunitari. Attualmente si richiedono 10 anni di residenza continuativa (lettera f), se vincerà il SI si tornerà alla precedente norma: i cittadini e le cittadine non comunitari potranno richiedere la cittadinanza con una residenza continuativa di 5 anni, in linea con la maggior parte dei paesi Europei.
Nonostante si tratti di una modifica minima – rimangono infatti gli altri requisiti per richiedere la cittadinanza, ovvero quelli di reddito, di regolarità fiscale e di assenza di reati, qualora si raggiungesse il quorum si permetterebbe a circa 2.500.000 persone di avere un accesso più facile alla possibilità di ottenere la cittadinanza.
I precedenti
Con una legge che oramai ha compiuto 33 anni, si può facilmente immaginare come non sia la prima volta che si cerca di proporre una modifica nell’acquisizione della cittadinanza. Ricordiamo la proposta di iniziativa popolare del 1997, la campagna L’Italia sono anch’io del 2011 – che poi nuovamente nel 2017 ha animato il dibattito pubblico insieme al movimento Italiani Senza Cittadinanza – e la campagna Dalla Parte Giusta della Storia nel 2020. Ricordiamo poi, come fa molto bene anche Sergio Bontempelli nel suo contributo per il Libro Bianco di cui abbiamo anche pubblicato l’introduzione, che di volta in volta varie forze politiche sono ritornate sulla questione relativa all’accesso alla cittadinanza, in particolare per le persone con background migratorio nate in Italia – le cosiddette seconde generazioni. Ciononostante, nessuna discussione ha comportato una reale riforma, solo l’ipostatizzazione del dibattito sui temi di “identità nazionale”, del “Sentirsi italiani” o del “meritarsi di essere italiani” e non su quello che è uno status giuridico che definisce diritti e doveri.
No, non parliamo di una cittadinanza più facile
Il quesito referendario è un primo passo che può rendere maggiormente accessibile quello che ad oggi non solo è un privilegio, ma è anche un vero e proprio dispositivo atto a creare dinamiche di esclusione. L’assenza di cittadinanza, infatti, comporta una maggior difficoltà a partecipare attivamente a tanti ambiti della società. Si tratta dell’impossibilità di partecipare a gite scolastiche o alle esperienze Erasmus negli anni universitari, o dell’accesso negato a determinati concorsi pubblici. L’assenza di cittadinanza rende precaria anche la continuità del godimento di alcuni diritti sociali, uno fra tutti il diritto alla sanità. Infine, senza cittadinanza non è possibile partecipare alla vita politica: non è possibile votare alle elezioni nazionali o candidarsi a livello locale e nazionale. La discrezionalità delle prefetture, demandate a valutare le richieste per ottenere la cittadinanza, le lungaggini burocratiche nell’analisi delle domande stesse, contribuiscono a rendere difficile ottenere la cittadinanza, forse quasi quanto è difficile vivere senza quest’ultima.
Un SI’ può cambiare le cose
L’8 e il 9 Giugno è possibile cambiare le cose esercitando il proprio potere decisionale attraverso uno strumento di democrazia diretta. Votando sì al quinto quesito si farebbe un passo in avanti, dopo anni di immobilismo per – e insieme a – tutte quelle persone che sono italiane di fatto, ma non sulla carta. Se da anni si parla dell’importanza di mettere a disposizione il proprio privilegio per migliorare passo dopo passo la società, oggi quello che dobbiamo fare e mettere a disposizione il nostro diritto di voto dato dalla cittadinanza affinché questa possa essere a sua volta sempre più diritto e meno privilegio.
Ricordiamo infatti che:
- possono votare tutte le persone maggiorenni in possesso della cittadinanza italiana e munite di tessera elettorale. Le persone neomaggiorenni non in possesso della tessera elettorale la devono richiedere al proprio Municipio di residenza;
- possono votare anche i fuorisede, ovvero chi per motivi di studio, lavoro e medici si trova domiciliato o domiciliata in un altro comune. E’ necessario presentare domanda al Comune di domicilio entro il 4 Maggio presentando documento d’identità, tessera elettorale e motivazione che attesta le ragioni del domicilio in un comune diverso dalla residenza;
- possono votare le persone iscritte all’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero purché iscritte entro il 29 Marzo. Le persone iscritte all’AIRE che vogliono votare in Italia, devono presentare domanda al proprio Consolato entro 10 Aprile del 2051.
Non si tratta di una sfida semplice, non solo perché deve vincere il Sì per far passare il quesito, ma soprattutto perché è necessario raggiungere il quorum del 50% della popolazione affinché il referendum sia valido. Ora per una volta, sta davvero a tutti e tutte noi fare la differenza: l’8 e 9 Giugno andiamo a votare e invitiamo a votare SI’.