I giovani di origine straniera possono partecipare al bando per il servizio civile? No, forse sì.. anzi no. Sembra un percorso a ostacoli, invece è la realtà: nei prossimi bandi di servizio civile nazionale sarà ancora “prevista la cittadinanza italiana quale requisito di partecipazione, come stabilisce il quadro normativo vigente”. A dichiararlo è il ministro per la cooperazione internazionale e l’integrazione Andrea Riccardi, nella risposta all’interrogazione parlamentare dell’on. Evangelisti.
Il tema dell’accesso dei giovani di origine straniera al servizio civile volontario era stato sollevato alcuni mesi fa a seguito del ricorso presentato da un giovane di origini pachistane, sostenuto dalle associazioni “Avvocati per niente” e Asgi, contro la sua esclusione dal bando nazionale di servizio civile dell’ottobre 2011. Il Tribunale del lavoro di Milano aveva accolto il ricorso dichiarando il carattere discriminatorio dell’art. 3 del bando, nella parte in cui prevede il requisito della cittadinanza italiana, e aveva ordinato all’ Ufficio nazionale per il servizio civile di “sospendere le procedure di selezione, di modificare il bando (…), consentendo l’accesso anche agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia”.
Eravamo già intervenuti sull’argomento, sottolineando come lo Stato avrebbe dovuto trovare una soluzione rapida per non pregiudicare il giusto diritto dei ragazzi selezionati ad entrare in servizio nella data prevista, e al tempo stesso garantire il diritto alla non discriminazione del ragazzo pachistano di cui era stato accolto il ricorso. Le associazioni che avevano seguito il ragazzo avevano chiesto al Ministro Riccardi di impegnarsi ad adottare “un piano di rimozione delle discriminazione”, per aprire definitivamente il servizio civile ai giovani stranieri. (https://www.cronachediordinariorazzismo.org/2012/01/serve-una-mediazione-intelligente/).
Nessuna misura, però, è stata presa: i ragazzi selezionati hanno potuto iniziare le loro attività di servizio civile non a seguito dell’intervento del governo, bensì grazie all’accordo raggiunto tra il giovane e l’UNSC.
Il ministro Riccardi, pur dichiarandosi personalmente favorevole ad aprire il servizio civile ai giovani di origine straniera, vincola questa possibilità ad una riforma complessiva della legge 64/2001: “L’avvocatura generale dello Stato – ricorda Riccardi nella sua risposta – ha fatto presente che la clausola del bando prevista dall’attuale legge di ammettere i soli cittadini italiani alla selezione per il servizio civile è stata considerata legittima e non discriminatoria da altri giudici di merito, e ha rilevato che, non essendo stato aperto incidente di incostituzionalità, la stessa è tuttora vigente ed efficace e crea per l’amministrazione un diretto vincolo non suscettibile di applicazione discrezionale”.
Una risposta che stupisce e sorprende, come afferma l’avvocato Antonio Guariso, di “Avvocati per niente”, secondo il quale “il ministro dovrebbe prendere atto della sentenza del tribunale, che ha giudicato discriminatorio l’articolo di un decreto legge”.
Guariso sottolinea l’esistenza di diversi casi in cui il riferimento al requisito di cittadinanza è stato interpretato come “cittadinanza consociata, ossia presenza sul territorio nazionale di un cittadino che è soggetto alla legge italiana”: è questo il caso, per esempio, dell’assegno per il terzo figlio. Anche nel caso del bando del servizio civile, il giudice “ha stabilito che l’espressione ‘cittadino italiano’ va interpretata come ‘consociato’”.
L’avvocato ricorda inoltre come anche “nell’art. 3 della Costituzione l’espressione ‘tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge’ si riferisca a tutti i cittadini consociati, come da sempre affermato dalla Corte Costituzionale”.
Alla luce di questa situazione, l’unica misura presa per ora dal governo è stato il ricorso presentato contro la sentenza del Tribunale di Milano.
“Attendiamo il 22 novembre, data prevista per la discussione del ricorso – afferma Guariso, che conclude – auspichiamo la conferma della decisione di primo grado. Altrimenti, potremmo rivolgerci alla Corte Costituzionale, riferendoci proprio all’art. 3 della Costituzione”.