
Satnam Singh. Non semplicemente il bracciante indiano, né uno dei tanti “immigrati” che fa quel genere di lavoro “che gli italiani non vogliono più fare”, né tantomeno “il clandestino” come alcune testate hanno voluto precisare tra titoli e articoli. Satnam Singh, trentun’anni, è l’ennesima vittima del caporalato che imperversa nel settore agricolo, sfruttando il corpo delle tante persone spesso di origine straniera, tra stato di irregolarità indotta e precariato lavorativo.
I fatti
La vicenda è nota. Satnam Singh è stato vittima di un incidente sul luogo di lavoro: il braccio del lavoratore è stato amputato dal macchinario avvolgi plastica, di quelli che vengono usati per la semina di cocomeri e meloni. Nell’incidente vengono lese gravemente anche le gambe. Se ciò non dovesse bastare a farci interrogare nuovamente su quanto i lavoratori del settore agricolo vengano tutelati, i fatti che si susseguono subito dopo l’incidente aggiungono crudeltà ad una vicenda già macabra. Satnam Singh e la moglie, anche lei lavoratrice nella stessa azienda, sono stati portati dal titolare – presente al momento dell’incidente – alla loro abitazione, dove poi sono stati abbandonati, senza che venissero chiamati i soccorsi. Saranno i vicini infatti a chiamare l’ambulanza, ma purtroppo le condizioni di Satnam Singh erano divenute estremamente gravi e l’uomo si è spento la mattina del 19 giugno all’ospedale San Camillo.
Crudeltà sistemica
Se i soccorsi fossero stati chiamati tempestivamente? Era evitabile un incidente di questo tipo? Che ruolo hanno i datori di lavoro? Su queste questioni stanno indagando i carabinieri della compagnia di Latina e la Procura, mentre le parole della moglie di Singh, Sony, che mettono a nudo le immaginabili condizioni di sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici nel mondo dell’agricoltura, forniscono delle risposte sistemiche a queste domande cariche di rabbia e dolore. Satnam Singh, arrivato nel 2022, era infatti, come tanti braccianti della comunità sikh dell’Agro Pontino, un lavoratore senza contratto, senza possibilità di regolarizzare la sua posizione e costretto dal ricatto della fame a sottostare allo sfruttamento nei campi, con una paga di quattro euro l’ora.
Turni interminabili sotto il sole cocente, nessuna tutela né dal punto di vista contrattuale né sul versante della sicurezza sul posto di lavoro. I campi oramai sono da tempo luoghi in cui troppe persone trovano la morte, per le temperature, per infortuni che non di rado sono letali, per le condizioni delle baraccopoli vicine; morti che sono conseguenza dell’intersezione tra razzismo strutturale e precariato economico. Sono troppe le vittime della crudeltà sistemica del caporalato, persone che come Satnam Singh arrivano in Italia in cerca di una vita migliore, per sostenere la famiglia o per realizzarsi. Troppi nomi, troppe storie che vengono ignorate e ridotte a mera forza lavoro.
Satnam Singh si sarebbe potuto salvare, ma ancora una volta il profitto è stato messo davanti alle persone. Come riporta Sony per la Repubblica, il titolare, attualmente indagato per omicidio colposo e omissione di soccorso, ha scelto di non chiamare l’ambulanza, abbandonandoli in strada.
Piazze per rispondere al caporalato
Un copione già visto in cui, come sottolinea la Comunità indiana del Lazio nel suo comunicato stampa, «politiche immigratorie che non danno nessuna risposta alle nostre necessità insieme al ritardo e/o il mancato rilascio di un permesso di soggiorno, sono da sempre state considerate da parte nostra come il primo passo verso lo sfruttamento». Infatti sempre la Comunità Indiana del Lazio quattro anni fa si ritrovava in piazza denunciando infortuni sul lavoro, mancanza di tutele contrattuali, suicidi e un caporalato che sistematicamente sfrutta i corpi migranti ricreando nuove forme di schiavismo. Anche oggi, dopo quest’ennesima morte sul lavoro, nel medesimo comunicato stampa viene lanciata una manifestazione il 25 Giugno a Latina, in cui si invitano tutta la comunità indiana, la società civile e i sindacati, chiamati anche ad indire uno sciopero. L’invito viene raccolto dalla Flai CGIL, la quale indice uno sciopero per sabato 22 Giugno, con presidio in Piazza della Libertà a Latina, ed apre una raccolta fondi per sostenere la famiglia di Satnam Singh.
La riflessione politica che questa vicenda ci porta a fare, serve ad animare la lotta contro il caporalato, un’istanza cardine della lotta antirazzista stessa. Questo impegno si traduce nelle piazze, nell’importanza di raccontare queste storie restituendo l’umanità sistemicamente negata a chi viene portato via da questo stesso sistema di sfruttamento. Si traduce anche in iniziative di sensibilizzazione, come il campo di volontariato organizzato dalla FLAI CGIL in collaborazione con Sbilanciamoci!, attraverso cui volontari e volontarie possono affiancare le Brigate del Lavoro nella lotta contro caporalato.
Le modalità sono tante, ma resta fermo il comune sentimento di rabbia e la voglia di non rassegnarsi a questa crudeltà, tutte emozioni che ora si tramutano in un abbraccio stretto attorno alla famiglia di Singh.
Rest in Power Navi.