Un déjà vu. Mentre si cerca disperatamente di salvare vite umane in pericolo in mare, tensioni con la guardia costiera libica e nuovi scaricabarile di responsabilità fra i vari Stati ostacolano e rallentano le operazioni di salvataggio. Tra sabato e domenica, almeno tre gli episodi segnalati dalle ong, mentre erano impegnate a soccorrere migranti in difficoltà in acque internazionali.
Il primo, segnalato dall’Aquarius di Sos Méditerranée (battente bandiera inglese), che “ha assistito all’intercettazione di un gommone da parte della Guardia costiera libica al largo di Tripoli. Malgrado più persone fossero in acqua, le nostre offerte di assistenza sono state ripetutamente ignorate. Ci è stato ordinato invece di allontanarci”.
Il secondo, dall’altra ong presente nel Mediterraneo, la Sea Watch, che nei giorni scorsi ha salvato 37 migranti in difficoltà a 15 miglia dalle coste libiche, “con due gommoni ritirati illegalmente dalla cosiddetta Guardia costiera libica. Ai soccorritori civili è stato detto di andarsene”.
Il terzo caso, invece, viene segnalato dalla Astral della Proactiva Open Arms, battente anch’essa bandiera britannica. La nave, a seguito di una chiamata satellitare pervenuta, alle 5 del mattino, alla Centrale operativa della Guardia costiera italiana (IMRCC), proveniente appunto da una imbarcazione in difficoltà a largo delle coste libiche, si era diretta in prossimità di un gommone sgonfio con 105 migranti a bordo, fra cui 6 donne e 6 bambini (il più piccolo di poco più di 2 anni). Sebbene informata dell’assunzione del coordinamento da parte delle autorità libiche, la nave ha proceduto in autonomia al recupero dei migranti, ritenendo la situazione molto critica.
A bordo della Astral – che sostituisce la nave della ong spagnola prima sequestrata dalla procura di Catania e poi “liberata” dal gip di Ragusa – è imbarcato anche Riccardo Magi, deputato di +Europa e segretario di Radicali Italiani. È proprio lui a diffondere la notizia dapprima con un tweet: “Dopo attimi di tensione con la Guardia costiera libica, abbiamo portato in salvo 105 persone sull’Astral di @openarms_fund. Non sappiamo cosa sarebbe stato del loro gommone sgonfio, se non fossimo stati nelle vicinanze: salvare la vita umana in pericolo è un imperativo basilare”. Il deputato ha poi diffuso un comunicato ufficiale: “Una motovedetta libica si è avvicinata all’Astral, ci hanno chiesto se avessimo migranti a bordo e quando abbiamo risposto di no ci hanno intimato di andarcene via dicendo: ‘questo è un lavoro che dobbiamo fare noi’. I libici agiscono come pirati in acque internazionali, pretendendo che sia riconosciuta loro una autorità. Agiscono fuori dal diritto e lo fanno con mezzi forniti dal governo italiano”.
Una volta completato il soccorso, gli spagnoli hanno chiesto all’Mrcc di Roma l’autorizzazione al trasbordo dei migranti sulla nave Aquarius dell’Ong Sos Mediterranée, transitante in zona, e più grande e più attrezzata per l’emergenza. Da Roma è però arrivato lo stop, in attesa delle autorizzazioni “necessarie”.
A fine giornata, ieri sera, la svolta, dopo circa 30 ore di estenuante attesa: l’Mrcc di Roma ha dato l’ok al trasferimento. «Attesa la mancanza di indicazioni pervenute dallo Stato di bandiera dell’unità Astral – si legge nella nota diffusa in serata – la Centrale Operativa della Guardia costiera italiana, a tutela della salute e della sicurezza dei 105 migranti presenti a bordo, già provati dal salvataggio, in considerazione anche dell’approssimarsi delle ore notturne, ne ha autorizzato il trasbordo su nave Aquarius, unità di maggiori dimensioni, idonea ad accogliere in condizioni di sicurezza i naufraghi, nonché in grado di poter prestare agli stessi una adeguata assistenza sanitaria».
Si tratta, in ogni caso, di episodi che purtroppo si stanno ripetendo frequentemente, e contro i quali andrebbe presa anche una netta posizione di condanna. Come ha fatto ad esempio un gruppo di associazioni, tra le quali, Global Legal Action Network, Asgi, Arci e Sea Watch, che ha presentato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, per conto di 17 ricorrenti, contro l’Italia, per aver coordinato la Guardia Costiera Libica nei respingimenti che hanno portato ad abusi e al decesso di migranti. Il riferimento è l’episodio del 6 novembre 2017, quando la nave della ong Sea Watch «è stata ostacolata dalla Guardia Costiera libica durante un’operazione di salvataggio di 130 migranti da un gommone alla deriva partito dalle coste libiche. Almeno 20 dei migranti sono morti, tra cui due minori. L’intervento è stato coordinato a distanza dal Centro di Coordinamento Marittimo (Mrcc) della Guardia Costiera italiana, e la motovedetta libica coinvolta era stata donata dal governo italiano alcuni mesi prima. La Guardia Costiera libica ha poi riportato in Libia quarantasette dei sopravvissuti, che sono stati rinchiusi in condizioni disumane, subendo percosse, estorsioni, fame e stupri. Due di loro sono stati successivamente venduti e torturati con elettrochoc».
E’ vero, gli sbarchi sono in diminuzione. Ma non è un successo. Al contrario. Si complicano sempre di più le operazioni in mare, con rischi sempre più alti per le persone e l’aumento dei decessi. Ciò mentre si aggravano le condizioni già disastrose delle persone che transitano e sono detenute in Libia (oggi ne parla anche il quotidiano The Guardian, “Italy’s deal with Libya to ‘pull back’ migrants faces legal challenge“).
Il processo di esternalizzazione delle frontiere europee prosegue, purtroppo, senza sosta, con “costi umani” insopportabili.