BeFree, cooperativa sociale contro la tratta, la violenza e le discriminazioni, denuncia le “deportazioni forzate” e le continue violazioni dei diritti umani che avvengono nei C.I.E, raccontando la storia di Rita.
Rita è una ragazza di 26 anni proveniente dalla Nigeria, costretta a vendersi sulle strade delle città greche. Con molto coraggio e molta determinazione riesce a sottrarsi alla schiavitù, e in maniera avventurosa e pericolosa arriva in Veneto, dove si rivolge a uno degli enti che operano a favore delle persone gravemente sfruttate. Durante la sua permanenza in Veneto si imbatte in una pattuglia di polizia che, trovandola priva di regolari documenti, la fa trasferire in un Centro di Identificazione e di Espulsione, nello specifico nel Cie di Ponte Galeria, in provincia di Roma. All’interno del Cie, la cooperativa BeFree opera da anni per assicurare alle vittime di tratta l’inserimento nei progetti di protezione sociale previsti dalla legge Turco-Napolitano del 1998 (Art. 16, http://www.camera.it/parlam/leggi/98040l.htm).
L’ente anti-tratta al quale si era rivolta in Veneto, sapendola a Ponte Galeria, chiede alla cooperativa BeFree di intervenire a sostegno della ragazza. Rita inizia così un percorso con la cooperativa, che avvisa l’Ufficio Immigrazione presente presso il Cie di Ponte Galeria della presa in carico della ragazza. Vengono avviate le procedure previste dalla legge, arrivando a sporgere denuncia presso la Procura di Roma, per il reato di traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale.
Anche la Squadra Mobile di Roma, informata dall’Ufficio Immigrazione, tiene dei colloqui con Rita. Nonostante il percorso avviato, la Squadra Mobile ritiene i fatti non di pertinenza delle autorità italiane, in quanto avvenuti in territorio greco: questo, contravvenendo alle Convenzioni internazionali che riconoscono il reato di traffico di esseri umani come transnazionale. Quindi, nonostante si fosse ancora in attesa di un provvedimento da parte della Procura di Roma relativo al rilascio o meno di un permesso di soggiorno, Rita viene imbarcata su un aereo di linea, e rimpatriata.
Ora Rita, grazie all’intervento dell’USMI, si trova presso un centro d’accoglienza di Lagos, dove sta seguendo un percorso di reinserimento sociale e lavorativo.
Una storia che si chiude con una “grave violazione dei diritti umani”, come dichiarato da BeFree, che proseguirà il suo impegno “attraverso azioni legali mirate affinché Rita possa rientrare in Italia e trovare la protezione e il riconoscimento di diritti che le sono stati negati”.
La storia di Rita è comune, purtroppo, a quella di molte altre persone: come sottolinea BeFree, nonostante “Nazioni Unite, Parlamento Europeo, Consiglio d’Europa e altri organismi internazionali stabiliscono la necessità di identificare le persone vittime di traffico di essere umani a scopo di sfruttamento e di sostenerle in maniera adeguata, […] i C.I.E. sono sordi a questi richiami, e, fedeli alla loro denominazione, appaiono sempre più attenti ad identificare le persone semplicemente in senso poliziesco-burocratico, e ad espellerle”.
Per questo, è necessario denunciare le violazioni dei diritti e lavorare affinché “vittime di un reato così grave e capillarmente organizzato a livello mondiale non siano più deportate dal Paese che dovrebbe tutelarle. Per legge, ma anche per sensibilità politica ed umana”.