E’ inaccettabile. E’ questo che continuiamo a ripetere da ieri, da quando abbiamo appreso dell’ennesimo rogo sviluppatosi all’interno di un insediamento informale di braccianti, nel quale ha perso la vita Omar, un giovane migrante senegalese. Anni fa, nel 2013, sempre in un incendio, in un altro insediamento sorto davanti a un oleificio confiscato alla mafia, perse la vita Ousmane Diallo, un giovane di origini senegalesi da cui presero il nome alcune iniziative solidali.
Nella notte fra il 29 e il 30 settembre, in contrada Bresciana Soprana nel territorio tra Castelvetrano e Campobello di Mazara, in provincia di Trapani, si è sviluppato un incendio che ha distrutto e ridotto in polvere l’insediamento informale (quello che in molti chiamano “ghetto” o “baraccopoli”, ndr) dell’ex “Calcestruzzi Selinunte”. L’incendio è stato talmente violento da colpire non solo l’insediamento, ma anche le case nella zona limitrofe in territorio di Campobello. Il corpo di Omar, di cui al momento non sappiamo di più, è stato trovato completamente carbonizzato.
Il rogo sarebbe divampato, come spesso accade, da un fornellino a benzina, come hanno raccontato gli stessi lavoratori che si trovavano all’interno della struttura occupata (circa 350 persone). L’ex Calcestruzzi era da tempo abbandonata e, ogni anno, veniva occupata dai migranti che raggiungono Campobello di Mazara per la raccolta delle olive. Infatti, era già tutto pronto per la raccolta: i migranti, che non avevano potuto reperire alloggi dignitosi altrove, avevano allestito tende di fortuna e piccoli alloggi fatti di cartone, plastica, eternit e legno. In molti, sono riusciti fortunatamente a mettersi in salvo, uscendo in tempo, prima che le fiamme avvolgessero l’intera area della struttura (circa tremila metri quadri, ndr).
Hanno trascorso la notte in strada. Hanno perso tutto.
In 50, poi, si sono allontanati e hanno deciso di bloccare in segno di protesta la strada provinciale 56 tra Campobello di Mazara e Selinunte. I migranti hanno sistemato pedane in legno e reti al centro della carreggiata chiedendo “una sistemazione dignitosa”.
Hanno forse torto questi lavoratori? Hanno forse chiesto la luna? Assolutamente no. Il problema è che queste situazioni si ripetono ciclicamente con la stessa ciclicità dei vari raccolti. E noi assistiamo impotenti al ricostituirsi di situazioni degradanti e di violazioni dei diritti fondamentali, perché noi stessi rischiamo di assuefarci a questa routine, che dovrebbe configurarsi come “eccezione” e non come “normalità”. Le istituzioni stesse sanno bene che non si tratta di un evento “emergenziale”, ma di un fatto strutturale, tipico di alcune zone dove si concentra la richiesta di manodopera agricola. Ci stiamo ancora chiedendo come mai non si riesca ad organizzare per tempo delle strutture adeguate per ospitare questi lavoratori “transitanti”.
Nel frattempo, i braccianti di Campobello di Mazzara si sono organizzati e hanno lanciato una raccolta immediata di beni di prima necessità, sacchi a pelo, vestiti presso Fontane D’oro a Campobello di Mazara. Chiedono un sostegno economico per sostenere le spese di emergenza per chi ha perso tutto. E con un appello pubblicato ieri chiedono anche, e soprattutto, l’impegno immediato da parte della Prefettura per favorire l’accesso a delle sistemazioni alloggiative dignitose per tutti i braccianti.