L’incontro tenuto a Malta ieri dai ministri dell’interno italiano, francese, tedesco e maltese ha segnato davvero una svolta come raccontano oggi alcuni giornali?
A nostro parere no. Vediamo perché.
- La bozza di accordo concordata ieri, che sarà presentata al prossimo vertice europeo dei ministri della Giustizia e dell’Interno dell’8 ottobre, coinvolge ad oggi solo quattro paesi (a cui si sarebbe aggiunta la Finlandia ieri sera) e mantiene un principio di adesione volontaria.
- I migranti che potranno essere “redistribuiti” (parola tremenda che continua a dimenticare che stiamo parlando di persone) tra i governi che lo sottoscriveranno, sono solo i richiedenti asilo e solo quelli salvati dalle navi militari o mercantili e dalle ong. Per quei richiedenti asilo che arrivano su piccole imbarcazioni (che sono una gran parte), anche se chiederanno asilo, l’accordo non sarà valido. Ma, soprattutto, i ministri dell’interno dei paesi “volenterosi” fanno finta di non sapere che il vero problema del tutto rimosso da anni in Italia e in Europa è quello delle migrazioni di migliaia di persone che, pur non avendo diritto a chiedere protezione, sono costrette a lasciare il loro paese per motivi economici, ormai sempre più collegati ai disastri causati dal cambiamento climatico. Si può essere “forzati” a migrare da quella tenaglia delle diseguaglianze economiche e sociali che crescono dovunque, anche nella ricca Europa, ma sono insostenibili in alcuni paesi africani, spesso grazie allo sconvolgimento delle economie locali provocato proprio da quei paesi che vogliono “contenere” i movimenti delle persone. Chi scappa dalla miseria e dall’ingiustizia sociale continua a non avere diritto a varcare la Fortezza Europa.
- A Malta non sono stati messi in discussione gli accordi siglati con la Libia, è stata invece riconfermata la collaborazione con la guardia costiera libica: il nostro paese continuerà a riconsegnare a quel paese i migranti intercettati in mare che non si trovino in situazioni di pericolo e quelli che dovranno essere rimpatriati. I ministri che hanno firmato l’accordo ieri fingono di non sapere quanto raccontato dalle principali organizzazioni internazionali (primo fra tutti l’Unhcr) a proposito delle violazioni quotidiane dei diritti, delle torture e delle violenze sessuali subite da migliaia di donne e uomini nei centri “di accoglienza” e di detenzione libici. Una rimozione inaccettabile.
- La bozza di accordo mette effettivamente in discussione quella norma del Regolamento Dublino che obbliga a presentare asilo nel primo paese europeo di arrivo. Questo è sicuramente un cambiamento significativo che, se effettivo, va valutato positivamente. Si prevede infatti che le persone messe in salvo presentino domanda di asilo non nel paese europeo che garantisce un porto sicuro, ma nel paese di destinazione (quello in cui saranno “redistribuite”). E’ da auspicare che il governo italiano non si accontenti di questo e faccia tutta la pressione possibile per sollecitare la definitiva approvazione della riforma del regolamento di Dublino varata dal parlamento europeo nella scorsa legislatura. Esattamente il contrario di quello che ha fatto l’ex ministro dell’interno del Governo Conte I disertando i vertici europei.
Per tutti questi motivi l’incontro maltese di ieri è ben lontano dal rappresentare quella svolta auspicata da tempo dai movimenti antirazzisti e dalle organizzazioni umanitarie.
Che la retorica utilizzata per presentare la bozza di accordo concordata ieri si differenzi in modo significativo da quella roboante, allarmistica e discriminatoria che ha caratterizzato il dibattito pubblico italiano nell’ultimo anno e mezzo, è una buona cosa (diremmo doverosa). Un simile cambiamento di passo è già avvenuto in passato. Con il governo Monti nel 2011 fu immediato e ciò contribuì a riportare il dibattito pubblico nei limiti della decenza, ma sul piano dei fatti non si fu altrettanto conseguenti.
Oggi registriamo di nuovo un sensibile cambiamento di registro del dibattito politico su questi temi, ci auguriamo che seguano presto fatti, ben più concreti di quelli annunciati. A partire dalla abrogazione dei cosiddetti decreti sicurezza e sicurezza bis varati dal precedente Governo, dalla reintroduzione della protezione umanitaria, dal varo di una missione pubblica europea di soccorso in mare e da una nuova riforma del regolamento Dublino 3. Ma per compiere davvero una svolta bisognerebbe rimettere mano al T.U. 286/98 e alla legge sulla cittadinanza. E’ ciò che la campagna #ioaccolgo si accinge a chiedere con un appello rivolto al governo e al parlamento (https://www.cronachediordinariorazzismo.org/un-appello-per-abrogare-i-decreti-sicurezza-e-annullare-gli-accordi-con-la-libia/ ).
Vedremo se il nuovo governo avrà voglia di farlo.
Grazia Naletto