Questo è un libro bianco particolare.
Allunga lo sguardo su dodici anni di Cronache di Ordinario Razzismo e si chiude nel pieno delle proteste scoppiate in tutto il mondo al grido Black Lives Matter.
Queste pagine, così come i cartelli scritti a mano e gli slogan delle migliaia di giovani scesi in piazza in questi giorni, denunciano che vi è un intreccio stringente, sistemico e perverso tra le parole cattive di chi conta, le rappresentazioni distorte di chi racconta, le offese violente di chi commenta online e le violenze razziste fisiche compiute individualmente, in gruppo, o magari avvalendosi del potere che deriva dal proprio ruolo istituzionale.
I giovani di Minneapolis, come quelli di Roma, di Milano, di Bologna e di altre città italiane, urlano al mondo, con grande semplicità e immediatezza, che ribellarsi contro le diseguaglianze e le discriminazioni è cosa buona e giusta.
Ci rammentano che le battaglie più coinvolgenti e capaci di smuovere le coscienze sono quelle promosse da chi le ingiustizie le subisce sulla propria pelle.
Ci danno speranza, ricordandoci che quando i diritti e la dignità vengono violati e calpestati con arroganza e in modo spudorato, l’indignazione può scattare in modo inaspettato e spontaneo, anche senza il supporto di organizzazioni “strutturate”.
Di questa ribellione spontanea, diffusa, pervasiva, per certi versi sorprendente e emozionante, ne abbiamo bisogno.
Perché il razzismo non è un “virus”, affonda le sue radici nella storia del Belpaese ed è, innanzitutto, razzismo istituzionale.
Lo abbiamo sostenuto, già nel 2009, quando abbiamo pubblicato il nostro primo libro bianco. E abbiamo continuato a raccontarlo, dal 2011 in poi, ogni giorno, sul nostro sito cronachediordinariorazzismo.org.
In questo quinto libro bianco, torniamo a testimoniarlo: a partire dall’analisi dei 7.346 casi di razzismo documentati tra il 1° gennaio 2008 e il 31 marzo 2020 e dal racconto di ventidue storie esemplari. Come sempre, inquadrate in un contesto politico, sociale e istituzionale che i saggi contenuti nella prima parte del libro ci aiutano a ripercorrere.
Ma allungare lo sguardo, oltre il decennio, è necessario: perché, in particolare dal 2018 in poi, si è tentato di imputare solo al successo della propaganda strumentale di qualche illustre leader di destra, la “causa” delle molte discriminazioni e violenze razziste che avvengono nel nostro Paese. Così come, specularmente, la crisi momentanea di visibilità e di consenso dei medesimi leader degli ultimi mesi, è stata sufficiente per dichiarare in modo assai sbrigativo la fine della diffusione delle forme più violente della propaganda razzista.
La parola chiave di queste pagine è, dunque, memoria.
E’ questa che ci aiuta a ricercare le radici più profonde della xenofobia e del razzismo che contaminano trasversalmente culture politiche, classi sociali, mondi professionali, spazi pubblici di diversa natura e, anche, le istituzioni.
Ed è la memoria che ci aiuta a ricostruire l’intreccio indissolubile tra le migrazioni, le politiche migratorie e il razzismo, che ha caratterizzato la storia recente del nostro paese, dagli anni ’80 del secolo scorso. Il razzismo è stato accompagnato, in questi anni, dall’islamofobia, dall’antisemitismo e dall’antiziganismo, ma sono soprattutto le relazioni con i migranti, con i richiedenti asilo e con i rifugiati ad avere egemonizzato il dibattito pubblico e ad avere ispirato le violenze fisiche più gravi.
Serve, dunque, ben altro che il momentaneo affievolimento delle urla più esplicitamente discriminatorie per poter segnare un punto di svolta.
I giovani che manifestano in questi giorni sollecitano anche una riflessione sull’agenda politica, sui linguaggi, sulle forme di protesta e di mobilitazione e sulle principali direttrici del dibattito pubblico italiano sul razzismo. Una riflessione che, anche in queste pagine, abbiamo sentito l’esigenza di proporre a partire dalla consapevolezza che, alla grande ricchezza di iniziative e di interventi di solidarietà dispersi su tutto il territorio italiano, fanno da contraltare una ancora insufficiente propensione alla collaborazione in rete e un livello di analisi che resta ancora troppo dipendente dalle diverse “emergenze” imposte dalla politica istituzionale.
Anche in questo caso, fermarsi e voltarsi indietro può forse aiutarci nella ricerca di maggiore lucidità, chiarezza, consenso e forza.
La “civiltà del ginocchio sul collo” non è un destino. Possiamo combatterla se riusciamo a riconoscere negli insulti, nella propaganda razzista, nelle discriminazioni istituzionali, nei diritti negati sul lavoro, nella segregazione dei campi e dei centri di detenzione, nei pugni e nei calci sferrati contro “neri”, “profughi”, stranieri, ebrei e musulmani, rom, sinti e caminanti che ricordiamo in queste pagine, i segni più oscuri di un intero sistema economico e sociale che è strutturalmente fondato sulla crescita delle diseguaglianze.
Un sistema che insieme possiamo cambiare.
Prima di augurare buona lettura, è doveroso rivolgere un ringraziamento particolare a tutte le persone che in questi dodici anni ci hanno aiutato e supportato: agli attivisti e ricercatori più esperti, così come ai molti giovani che, sempre più numerosi, si sono appassionati al lavoro di Cronache di Ordinario Razzismo.
Senza la loro pazienza, disponibilità, dedizione e costanza, Lunaria non avrebbe potuto impegnarsi così a fondo e ogni giorno nella sua battaglia per i diritti, contro i privilegi, contro tutte le forme di diseguaglianza, di discriminazione e di razzismo.