
Annamaria Rivera, con questo testo – pubblicato il 15 maggio 2021 sul comune.info e tratto dal suo intervento al XXVI Convegno Internazionale di Studi Cinematografici: “Migrazioni, cittadinanze, inclusività”, promosso dall’Università di Roma Tre – segnala il moltiplicarsi di oggettivazioni secondo banali cliché e luoghi comuni perfino negli stessi ambienti antirazzisti. Altrettanta preoccupazione destano, poi, la tendenza a ignorare la lunga dimensione diacronica del neo-razzismo italiano; nonché il progressivo impoverimento o decadimento dell’analisi e della riflessione, quindi del linguaggio e del lessico. Il campionario è vasto, poco noto e inquietante, si va dall’utilizzo discrezionale delle tecnologie anti-terrorismo ai corsi di formazione per la polizia costiera “impegnata” nella lotta all’immigrazione illegale, cioè nella caccia all’uomo. Nuovi spettri e antichi fantasmi di un film della storia miserevole e già visto, che però oggi – come fa rilevare Rivera – viene anche contrastato con appassionata intelligenza da una generazione di cineasti impegnati, anche politicamente, a rappresentare immigrazione, asilo e temi connessi in modo realistico e affermando pienamente non solo i diritti ma la dignità di chiunque sia spinto a fuggire o scelga di migrare.