
Sembra concludersi al meglio un processo che è stato grimaldello di una fortissima propaganda anti-immigrazione e anti-accoglienza, con la conferma della sentenza della Corte d’Appello che ha assolto il sindaco di Riace Mimmo Lucano dall’accusa di truffa.
Come abbiamo anche recentemente ripercorso, nel 2017 si apriva l’inchiesta avviata dalla Procura di Locri con l’accusa di abuso d’ufficio, concussione e truffa aggravata. Il processo si fece lungo, complesso, con una forte mobilitazione di giuristi, giornalisti e realtà della società civile in difesa di Lucano e del modello di accoglienza realizzato a Riace. Nel 2021 arrivò la condanna a tredici anni e due mesi e a un risarcimento di oltre 750mila euro, per il reato di associazione a delinquere, falso in atto pubblico, peculato, abuso d’ufficio e truffa. Gli avvocati di Lucano decisero di impugnare la sentenza nella Corte d’Appello e nel 2023 Mimmo Lucano fu assolto dalle accuse sopracitate, ma rimase la condanna per falso per concerto con una condanna di diciotto mesi. Su questa sentenza, che ribaltò la sentenza del 2021, fu presentato ricorso dall’accusa in Cassazione, che il 12 febbraio ha confermato in toto la sentenza in Corte d’Appello.
Nonostante molte testate stiano titolando solamente sulla conferma della condanna a 18 mesi per falso per concerto, come ben sottolinea Silvio Messinetti in un articolo per il Manifesto, vi è una differenza sostanziale fra l’accusa di falso e la truffa non solo a livello giuridico, ma soprattutto a livello politico. La politicizzazione di questo lungo processo ha trasformato l’attacco a Mimmo Lucano in un’occasione per punire in maniera esemplare chiunque provasse ad applicare un diverso metodo d’accoglienza che potesse essere efficace. Un tentativo che risale al 2016, quando si iniziò a parlare dell’accoglienza anche a Riace mentre s’intensificava una lunga propaganda contro l’immigrazione.
In un momento in cui il concetto di accoglienza sembra sparire all’ombra dei muri di un’Europa fatta di respingimenti e detenzione amministrativa, la pronuncia della cassazione dà manforte a chi ribadisce che un’altra accoglienza è possibile. Come sottolinea Tonino Perna sempre per il Manifesto, il cosiddetto modello Riace non è un’eccezione, altri piccoli comuni sperimentano diverse forme di accoglienza ripopolando quelle aree interne della Penisola che con lo spopolamento che viene spesso denunciato rischierebbero la chiusura di importanti servizi come scuole e presidi sanitari. Riace ha rappresentato l’intersezione di “un’antropologia della solidarietà”, sempre citando Messinetti, con la cura del territorio – un’alternativa alla turistica semplice “valorizzazione” – e oggi possiamo ribadire che questo sistema non è criminale.
Questa è l’unica notizia che conta.