
L’indagine è partita a dicembre 2023, ma solo pochi giorni fa il Ministero della Difesa ha reso noto l’arresto di un ventunenne bresciano per “incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi”, come riportato sul sito dei carabinieri. Il giovane è accusato di aver promosso e organizzato diversi gruppi su Telegram e TikTok, in cui si incitava alla discriminazione e alla violenza. L’arresto ha fatto emergere una propaganda filonazista e razzista molto attiva online, portando a 26 decreti di perquisizione personali su tutto il territorio nazionale. I gruppi online hanno nomi esplicativi: White Lives Matter, VANNAWAFFEN TM, Sangue e Suolo, Spirito Fascista, Casa del Fascio ed altri di simile inquadratura.
Ciò che più colpisce di questa vicenda non è solo l’ampia attività di propaganda razzista, ma anche l’età delle persone coinvolte: tutti under 30 e almeno 5 minorenni all’epoca dei fatti.
I social utilizzati, Telegram e TikTok, per propagandare idee filonaziste, negazioniste e razziste sono molto popolari tra gli utenti più giovani. Utenti che sono nativi digitali, che vanno a scuola e dovrebbero avere un’istruzione di base che permettesse loro di distinguere la malainformazione e le ricostruzioni storiche false da ciò che non lo è. Ma così non è.
Non possiamo sapere con esattezza come questi ragazzi siano entrati in contatto con queste bolle disinformative e propagandistiche, ma si può comunque fare una riflessione su come le persone (in questo caso molto giovani, ma non solo) siano relativamente indifese quando si tratta di valutare la qualità delle informazioni che ricevono dal web.
Le cause alla base di questi eventi (ricordiamo che l’ultima di queste reti è stata scoperta a dicembre 2024) sono molteplici e complesse, ma una di queste può essere un’evidente mancanza nel saper utilizzare i social network in modo corretto, nell’impedire che contenuti esplicitamente razzisti e discriminatori entrino nei nostri feed e influiscano sul nostro modo di interpretare la realtà che ci circonda, cosa che si aggrava se si pensa che molti di questi contenuti oggi sono generati anche con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Soprattutto, manca quello spirito critico che impedisce di cadere vittima di narrazioni accattivanti e lineari: le idee nazi-fasciste hanno la loro attrattiva nel raccontare un mondo semplificato, con un nemico ben identificabile (l’ebreo, l’immigrato, il gay, le femministe, i musulmani e qualsiasi altra categoria sociale in condizioni di fragilità sistemica) e nel restituire all’utente un’immagine di sé all’apparenza solida, legata a idee spesso identitarie e nazionaliste, in un periodo storico di forte frattura sociale.
In un tessuto sociale ricco di disuguaglianze sociali, le logiche algoritmiche, attraverso cui si veicolano sempre più spesso ideologie discriminatorie, diventano un elemento che non può essere ignorato, soprattutto quando diventano strumento di propaganda dell’estrema destra.
Il fenomeno delle echo chambers è ben noto e studiato da tempo nell’ambito della comunicazione digitale: l’utente, quando usa un social network, è indirizzato dall’algoritmo verso il tipo di contenuti con cui interagisce di più (quindi a cui mette più like, commenta, condivide ecc…), così è incoraggiato a spendere più tempo online. Di conseguenza, gli algoritmi dei social network tendono a prediligere i canali che pubblicano con molta frequenza e con contenuti ripetitivi. Inoltre, nonostante in teoria questi siano tenuti a riconoscere i contenuti d’odio e ad eliminarli, si è visto non solo come i sistemi di detection siano facilmente aggirabili (per esempio, scrivendo alcune parole con un codice alfanumerico o abbreviate), ma anche come non ci sia una vera volontà di fermare la propagazione di queste bolle, visto che portano traffico e interazioni.
In questo periodo storico, sempre più uomini under 30 sembrano radicalizzarsi verso partiti di estrema destra e populisti. Come evidenzia Bianchi in questo articolo su Facta News, dove si riportano diversi studi in vari Stati esteri che analizzano i motivi dietro questo fenomeno, i giovani maschi under 30 associano al declino economico del mondo occidentale, quello legato al proprio status, in favore di altri gruppi sociali, come le persone di origine straniera. Il sistema sociale, soprattutto quando si parla di garanzia dei diritti, è ancora percepito non come regolato da rapporti di reciprocità, ma di potere, dove una categoria ne detiene la maggior parte e un’altra lo subisce in modo passivo. Il ribaltamento di significato sta nel fatto che i gruppi sociali identificati oggi con quelli con maggior potere sono quelli che, in realtà, si trovano sistemicamente con meno diritti garantiti: le donne, le persone trans, le persone povere, le persone razzializzate. In quest’ottica, il razzismo non è più solo un atteggiamento antisociale, ma soprattutto una modalità con cui riprendersi quel potere che si è perso e, quindi, ripristinare il proprio status quo.
In questo contesto, le narrazioni antirazziste, che richiedono studio e approfondimento e, quindi, tempi di lavorazione e lettura più lunghi, fanno più fatica a trovare un proprio spazio nell’ambito digitale e arrivano a meno persone. Dall’altro canto, invece, le narrazioni razziste e filo-naziste sono più lineari e più adattabili alle logiche dell’algoritmo e, dunque, non solo tendono a raggiungere più persone, ma anche a radicarsi in modo più veloce nella mente di un individuo.
In questo senso i social network mantengono un’opacità nella loro funzione: sono luoghi di interazione e scambio di idee, ma anche ambienti che portano l’utente a rafforzare le proprie idee e convinzioni, soprattutto quando non si capisce come funzionano questi spazi digitali.
È un’ignoranza silenziosa e sottovalutata, perché l’alfabetizzazione digitale non viene insegnata: si da per scontato che, siccome una persona appartiene a una certa fascia di età, allora è perfettamente in grado di muoversi negli ambienti digitali. Ma queste bolle di razzismo e negazionismo storico ci mostrano chiaramente che non è così: si possono possedere le capacità tecniche, ma lo spirito critico va coltivato con il confronto, la sensibilizzazione e un approccio basato sull’empatia.