
Due settimane, due discipline sportive, tre categorie di campionato, le stesse parole. Se si pensa che il recente caso di razzismo nel mondo dello sport denunciato da Moise Kean, attaccante della Fiorentina, sia un caso isolato, non è così.
Il calciatore, a seguito della sconfitta contro l’Inter della scorsa domenica, ha ricevuto sui propri direct messages (DM) di instagram, messaggi razzisti con i classici insulti e l’intramontabile paragone con la scimmia. Il giovane ha denunciato tutto sui propri canali social, attraverso storie instagram, e successivamente sono arrivati messaggi di solidarietà dalla società sportiva del giocatore, dalla sindaca di Firenze e dall’Inter stessa. La solidarietà arrivata in maniera tempestiva dopo la segnalazione del giocatore – purtroppo già bersaglio di questo genere di insulti anche quando giocava con la maglia bianconera – dimostra come fortunatamente si stia creando una maggiore consapevolezza sulla presenza del razzismo nello sport.
Tuttavia, come anticipato, non è un caso isolato.
Rimanendo nel mondo del calcio la squadra valdostana Asd Saint-Vincent Châtillon denuncia sui propri social che durante una partita del campionato provinciale del calcio maschile under 14 contro il Ponderano, dagli spalti è arrivato un insulto razzista nei confronti di un giocatore afrodiscendente della squadra valdostana. Anche in questo caso un giovane è stato paragonato ad una scimmia per il colore della pelle. Il Saint-Vincent Chatillon nel proprio post oltre a solidarizzare con il ragazzo sottolinea come soprattutto i genitori abbiano la responsabilità di mantenere un comportamento che sia d’esempio per i giovani che vivono il mondo dello sport e non solo. Ad oggi il giudice sportivo non ha ancora stabilito cosa è successo e la squadra avversaria nega l’accaduto.
Dal mondo del calcio di Serie A fino al calcio dello sport di base, la piaga del razzismo da tifoseria non sembra fermarsi, ma quelle stesse parole razziste sono entrate anche in un altro campo da gioco.
Quasi una settimana prima dei fatti sopra citati è diventato virale un video di una partita di basket femminile tra la Happy Rimini e la Nova Virtus Cesena: una tifosa dagli spalti insulta la giocatrice evocando anche in questo caso una scimmia e la ragazza ha abbandonato il campo per andare verso la donna. Il video si interrompe, ma non ci sono state colluttazioni e la giocatrice è stata espulsa dalla partita. Nonostante si tratti di un caso in cui la parte lesa potrebbe rischiare di essere punita, la ragazza non è stata squalificata. Il giudice sportivo le ha comminato solo una “deplorazione” riconoscendo l’attenuante per aver reagito ad un insulto inequivocabilmente razzista. Per la squadra Nova Virtus Cesena tre turni a porte chiuse, mentre per la tifosa rivelatasi una madre delle giocatrici in campo della squadra cesenese, daspo di due anni.
Di certo non è una coincidenza l’utilizzo delle stesse parole per insultare i giocatori. Come abbiamo già registrato in passato, spesso l’immagine della scimmia viene reiterata per insultare sportivi e sportive afrodiscendenti attingendo ad un immaginario coloniale che brutalizza la figura delle persone nere. Che siano versi o banane marce, l’immagine della scimmia è talmente radicata nell’immaginario culturale da valicare anche il confine dell’offesa ed essere utilizzata, non con poche critiche, per una campagna del 2019 della Lega Serie A contro il razzismo nel calcio.
Si riconferma la necessità di avere un approccio olistico per contrastare il razzismo nello sport che è stata riscontrata anche nel corso della realizzazione del training online Monitorare il razzismo nello sport di base: non basta l’approccio sanzionatorio, bisogna lavorare ad una formazione costante rivolta tanto alle associazioni sportive quanto a tutti gli attori che attraversano il mondo dello sport, compresi i tifosi.
Questi tre episodi, così diversi eppure così simili, continuano a ricordare, infine, come per contrastare il razzismo in modo efficace sia importante riconoscerlo. In tutti i casi le squadre di riferimento degli sportivi si sono subito espresse in supporto ai giocatori, ma c’è dell’altro che fa ben sperare. Nel caso di Moise Kean è importante che anche la squadra rivale si sia espressa a favore del giocatore; per quanto riguarda l’episodio avvenuto nel basket femminile, è degno di nota come il giudice sportivo abbia riconosciuto un’attenuante nel motivo della reazione della giovane cestista. Forse questa decisione in particolare fa ancora più riflettere: attribuire un’attenuante riconoscendo il motivo dietro un certo tipo di reazione da un lato è un monito per chi compie l’atto razzista, dall’altro fa uscire chi subisce il razzismo dall’unidimensionalità della vittima. Questo non deve farci credere che si tratti di una forma di giustificazione di reazioni violente: la squalifica sarebbe probabilmente arrivata in caso di colluttazione come è già accaduto in altri episodi, ma questo non è stato il caso e il riconoscimento di questo da parte del giudice è un buon precedente.