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Cronache di ordinario razzismo

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Alhagie Konte: un’altra vita perduta tra le crepe del sistema carcerario

24 Ottobre 2025

Lo hanno conosciuto nel 2017 i compagni e le compagne del Movimento Rifugiati e Migranti Napoli, nel corso delle loro visite all’interno dei Centri d’Accoglienza. All’epoca Alhagie Konte aveva 19 anni. Ora dopo 8 anni, quegli stessi compagni chiedono verità e giustizia per lui: è morto a 27 anni nell’ospedale di Cotugno all’inizio di ottobre per una presunta tubercolosi, dopo essere stato in isolamento nel carcere di Poggioreale.

Come denunciano il Movimento Rifugiati e Migranti Napoli e lo zio del ragazzo in un’intervista, Alhagie era entrato sano in carcere, dove è rimasto detenuto perché, non avendo una residenza stabile, non poteva trasferirsi ai domiciliari. La sua condotta, come conferma la sua avvocata basandosi sulle testimonianze, era esemplare e non ritenuta pericolosa, tant’è che lavorava all’interno del carcere, nel padiglione Salerno. Tuttavia, a luglio qualcosa era cambiato: per ragioni ancora non note, era stato trasferito in isolamento e lì, secondo quanto affermano i testimoni, è iniziato il peggioramento del suo stato di salute. Stando alle testimonianze, durante il periodo d’isolamento aveva richiesto più volte di essere curato, ma sembra che ciò non sia mai avvenuto. L’assistenza medica è arrivata mesi dopo il suo ritorno dall’isolamento, in autunno, quando i suoi compagni di cella lo hanno portato di peso in medicheria. In quel momento la gravità delle sue condizioni è risultata subito chiara con una diagnosi di tubercolosi in stato avanzato; è stato trasferito per tre giorni al Cardarelli ed in seguito all’ospedale Cotugno dove è deceduto dopo sei giorni.

La notizia ai familiari e ai compagni è arrivata giorni dopo, per caso, quando lo zio, chiamando l’Istituto Penitenziario, ha ricevuto la notizia da una donna.

La vicenda ha riaperto nuovamente il dibattito sulle condizioni delle persone detenute all’interno del carcere, in particolare in merito all’assistenza sanitaria: a tal proposito è stata presentata un’interrogazione parlamentare al Ministro Nordio e subito dopo, sollecitato dai legali di Konte e dal Movimento migranti napoli, il Garante regionale delle persone private della libertà personale ha svolto un’ispezione all’interno della struttura. Lì è stata verificata l’assenza di contagio dei cinque compagni di cella di Alhagie, ma quest’ultimo in quanto lavorante nel corso della sua permanenza a Poggioreale, è entrato in contatto con moltissime persone. Non è noto se alcune di queste persone siano state contagiate. Intanto, la Procura di Napoli indaga sulle circostanze che hanno portato alla morte di Alhagie, sia sulle cause effettive del decesso che sulla verifica di eventuali negligenze da parte del personale dell’Istituto Penitenziario.

Quello di Alhagie non è un caso isolato, da anni molte organizzazioni denunciano le condizioni di vita all’interno delle carceri italiane, tra sovraffollamento e difficoltà di gestione dei servizi interni. Ma la situazione, come spesso accade, si aggrava quando ad entrare nel sistema carcerario è una persona di origine straniera che spesso si trova in una situazione di ulteriore precarietà. Lo stesso Alhagie Konte a causa della detenzione ha perso la sua residenza. Nel momento in cui il giudice ha disposto la possibilità di scontare la pena in maniera alternativa attraverso la detenzione domiciliare, questa possibilità si è spenta con la perdita di residenza ed è rimasto in carcere. Come riporta Antigone in Senza Respiro XXI Rapporto sulle condizioni di detenzione, rispetto alle persone di cittadinanza italiana, i cittadini stranieri hanno un più difficile accesso alle misure alternative non avendo un’ampia rete di supporto familiare o semplicemente non incontrando uno stato che sia in grado di affrontare il reinserimento specifico dei cittadini stranieri. In generale, la maggior parte dei cittadini stranieri detenuti hanno un residuo di pena inferiore ai limiti della legge per essere presi in carico dagli uffici di esecuzione penale esterna e spesso sono costretti a rimanere in carcere. Un ennesimo esempio di servizio a cui le persone straniere hanno maggior difficoltà di accesso, che si uniscono alle difficoltà strutturali della vita in  carcere: secondo i dati più recenti del Garante regionale della Campania, nelle carceri del territorio si registra un sovraffollamento medio del 130%, che nel carcere di Poggioreale supera il 155%. Una condizione che incide direttamente anche sull’assistenza sanitaria, spesso insufficiente a garantire tempestività di cure e continuità terapeutica. Il Garante ha inoltre segnalato una forte carenza di personale medico e un aumento dei detenuti con problematiche psichiche o di tossicodipendenza, fattori che rendono ancora più fragile il diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione e dal decreto legislativo 230/1999.

In questo quadro strutturale la morte di Alhagie Konte porta con sé delle domande: era possibile salvare Alhagie? Quanto le condizioni di vita all’interno del carcere di Poggioreale sono state la precondizione della sua scomparsa? Mentre sono in corso le indagini, il Movimento Rifugiati e Migranti Napoli ha lanciato un presidio per sabato 25 Ottobre presso il Carcere di Poggioreale, per chiedere verità e giustizia per Konte. 

In solidarietà con il Movimento e le persone vicine ad Alhagie, Rest in Power.

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Filed Under: News, Primo piano Tagged With: carcere, manifestazione, migranti, napoli, razzismo

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