Sabato 24 novembre, a Rossano, in Calabria, un treno ha travolto una vettura con a bordo 6 persone, tutte morte sul colpo. Le vittime, tre donne e tre uomini, erano tutte di nazionalità rumena, e lavoravano come braccianti agricoli nei campi della provincia di Cosenza. La Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta per indagare sull’accaduto e identificare eventuali responsabilità. I funerali, ci informa la stampa quotidiana, si svolgeranno in Romania, su espressa volontà dei familiari.
I giornali hanno dato ampia visibilità alla notizia come è giusto che sia, ma diversamente da quanto accade quando la notizia è di cronaca nera, solo poche testate hanno scelto di evidenziare nei titoli degli articoli la nazionalità delle vittime: l’Ansa titola “Treno contro furgone, 6 morti in Calabria” (24 novembre), l’agenzia Adnkronos scrive “Calabria, treno travolge un’auto Muoiono sei persone a Rossano” (24 novembre), La Repubblica parla di “Treno travolge furgone, sei morti in Calabria. Erano braccianti agricoli di rientro dai campi” (25 novembre), La Stampa titola “Treno sull’auto, sei morti in Calabria” ( 24 novembre) , il Fatto Quotidiano scrive “Calabria, treno travolge furgone: sei morti, tutti stranieri” (24 novembre), solo per fare degli esempi.
Morendo, come giustamente ha osservato un attento lettore, i cittadini rumeni divengono “braccianti”, “lavoratori stagionali”.
Solo la settimana scorsa, abbiamo evidenziato come spesso nel riportare fatti di cronaca legati a furti e rapine, i quotidiani siano inclini a citare, soprattutto nel titolo, la nazionalità di chi compie il reato, se diversa da quella italiana. (https://www.cronachediordinariorazzismo.org/2012/11/attenzione-ai-dettagli/)
Quella di indicare o meno la nazionalità a seconda del contenuto di una notizia non è una scelta totalmente priva di ricadute: specificarla in caso di furti o rapine conferisce a questo dettaglio un peso, e contribuisce a veicolare l’idea di una pericolosità associata alla condizione di “straniero”. Il fatto, invece, di non indicarla nel caso di una tragedia come quella avvenuta sabato, evidenzia la scarsa importanza dello stesso particolare, cosa che, se da una parte può significare la volontà di dare priorità alla gravità di quanto successo, dall’altra può avere come effetto quello di una sorta di una de-umanizzazione delle vittime, delle quali nella maggior parte dei casi viene indicato il numero, ma niente di più: non i nomi, o le iniziali, né l’età, di loro si sa solo che erano lavoratori stagionali, braccianti, “con regolare contratto di lavoro”, come specifica La Repubblica sia nel titolo, sia all’interno di un articolo pubblicato il 25 novembre. Un particolare di cui si fa fatica a comprendere l’utilità. Se le tre donne e i tre uomini deceduti fossero stati lavoratori al nero la tragedia sarebbe stata meno grave?