“Molto contenta dei risultati dell’indagine”. Ha esordito così la Senatrice Liliana Segre, Presidente della Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza, presentando oggi 23 giugno la relazione sulle attività svolte. La relazione illustra i risultati dell’indagine conoscitiva “sulla natura, cause e sviluppi recenti del fenomeno dei discorsi di odio, con particolare attenzione alla evoluzione della normativa europea in materia”.
A differenza di quanto era successo il 19 ottobre 2019, quando l’istituzione della Commissione non aveva raccolto il favore di tutti i gruppi parlamentari, le conclusioni presentate oggi sono state votate ieri in Commissione all’unanimità, dopo circa dieci mesi di lavoro e lo svolgimento di circa cento audizioni. Sicuramente un altro segnale istituzionale importante nella lotta contro l’hate speech, cinque anni dopo la pubblicazione del rapporto della Commissione Cox, istituita alla Camera dall’allora presidente Boldrini.
La Presidente Segre che, come noto, ha conosciuto in prima persona la sofferenza provocata dall’antisemitismo fascista, ha aperto la presentazione ricordando proprio la sua esperienza personale. Espulsa a otto anni dalla scuola, trasformata in una “bambina invisibile” persino dai coetanei, bersaglio di “discorsi di odio” da parte dei condomini, allontanata dai telefoni per sottrarla agli insulti e alle minacce (“muori”), fuggita dall’antisemitismo fascista, non è riuscita ad evitare l’internamento nel campo di sterminio di Auschwitz. Il suo lavoro di testimonianza della Shoah, condotto nel mondo della scuola, ha preceduto la sua nomina di Senatrice a vita. E in tempi in cui “una grande spirale di odio continua sul web”, ha dichiarato Liliana Segre, “mi sembra un dovere morale lasciare in eredità la Commissione”.
Il documento presentato oggi
Il documento conclusivo dell’indagine presentato oggi (bozza non corretta) tratta diversi aspetti rilevanti connessi alla diffusione dell’hate speech: dall’annoso problema della mancanza di una definizione giuridica chiara a livello nazionale e internazionale, alla carenza di dati ufficiali attendibili che possano supportare un’analisi solida del fenomeno, al controverso rapporto tra il diritto di eguaglianza e di non discriminazione e il diritto alla libertà di espressione, alla necessità di indagare le radici sociali, culturali e politiche che alimentano la diffusione di discorsi e comportamenti discriminatori.
Tra le proposte più rilevanti suggerite nelle conclusioni del documento, l’invito rivolto al Parlamento ad intervenire sul piano normativo. “La principale risultanza dei lavori dell’indagine – scrive la Commissione – è la richiesta al Parlamento di un intervento normativo urgente. Nell’attesa che a livello sovranazionale si giunga ad una definizione giuridicamente vincolante dei discorsi d’odio, i lavori della Commissione hanno mostrato la necessità di intervenire nell’ambito del diritto interno. È necessaria una forte e condivisa iniziativa politica e legislativa, intorno ad alcune misure dirimenti che possono essere messe in campo per contrastare la diffusione dei discorsi d’odio”.
Il Legislatore, secondo la Commissione, dovrebbe concentrarsi su alcune priorità: la predisposizione di un sistema di rilevazione sistematica delle forme di discriminazione da parte dell’Istat; l’adozione di norme che tutelino maggiormente le vittime dei “discorsi di odio” con particolare riferimento al “rapporto tra multinazionali digitali e democrazia” e la declinazione di una definizione giuridica dei discorsi di odio che consenta agli operatori coinvolti (forze dell’ordine, giudici, avvocati ma anche associazioni di tutela) di lavorare meglio.
Particolarmente interessante risulta la parte in cui il “discorso di odio” viene definito come un atto lesivo non solo della dignità della persona e del principio di eguaglianza, ma anche del diritto alla libertà di espressione decostruendo, o meglio rovesciando, la tradizionale obiezione che pone la tutela della libertà di espressione al centro delle argomentazioni contrarie a sanzionare i “discorsi di odio”.
La relazione merita di essere letta in dettaglio e con molta attenzione. Intanto, non possiamo che salutare con favore una chiara presa di posizione istituzionale contro ogni forma di istigazione alla discriminazione, all’odio e alla violenza online e offline.