Avrebbe utilizzato “la sua posizione, le sue funzioni, i suoi pur limitati poteri e la sua quotidiana vicinanza ai detenuti per soddisfare le sue pulsioni sessuali”: è quanto scrive il gip Enrico Manzi nell’ordinanza di custodia cautelare emessa ieri nei confronti del cappellano del carcere milanese di San Vittore, arrestato con l’accusa di concussione e violenza sessuale pluriaggravata su sei detenuti, tutti cittadini stranieri, di età compresa tra i 22 e i 28 anni.
Il sacerdote è accusato di aver approfittato dello “stato di bisogno” dei detenuti, tutti di origine africana, pretendendo prestazioni sessuali in cambio di piccoli beni di prima necessità, come sigarette, saponette, spazzolini. Le violenze sarebbero proseguite anche dopo la scarcerazione, a casa del sacerdote, il quale, per ottenere prestazioni sessuali, faceva credere alle vittime di aver influito sulla loro scarcerazione. Nelle testimonianze rilasciate al gip, infatti, tutte le vittime parlano di una sorta di “timore reverenziale” nei confronti del sacerdote, ritenuto una persona “estremamente potente e influente”, che con le sue relazioni sulla loro condotta poteva influire sulle scarcerazioni.
Le indagini sono scattate a giugno, quando un detenuto, denunciando la violenza subita da parte di un altro recluso, ha raccontato anche quanto avveniva nell’ufficio del sacerdote: proprio nell’ufficio gli investigatori hanno quindi posizionato una microcamera, che ha permesso di riprendere le violenze. Al sacerdote, cappellano del carcere dal 1997, vengono contestate presunte violenze per un periodo di cinque anni, dal 2008 al 2012.
L’uomo è ora recluso nel carcere di Bollate, dove giovedì mattina si terrà l’interrogatorio di garanzia.
Le vittime sono state trasferite in altri istituti di pena, mentre gli investigatori stanno facendo accertamenti per capire se altri detenuti possano aver subito abusi dal cappellano.