Dopo l’estate, Roma torna ad essere teatro dell’ennesimo sgombero forzato di un campo rom.
Questa mattina infatti circa 70 uomini tra agenti della polizia locale, carabinieri e Polizia di Stato hanno dato esecuzione all’ordinanza di sgombero dell’insediamento abusivo sorto nell’area adiacente al campo rom di via Salviati, in zona Collatina.
Sotto il coordinamento del vicecomandante Antonio Di Maggio, alle 7.15 sono stati allontanati sessanta nuclei familiari, circa 120 persone.
L’ordinanza su cui si basa lo sgombero di oggi era stata disposta dal sindaco Marino il 5 agosto scorso: prevedeva “il trasferimento immediato di persone e cose dall’insediamento abusivo di nomadi sito in via Salviati” e il loro “ricollocamento presso il villaggio della solidarietà di Castel Romano”. All’origine dell’occupazione dell’area in via Salviati sembra esserci il timore dei rom serbi, fuggiti da Castel Romano dopo numerose e violente liti con altri rom, di origine bosniaca. Dopo l’intervento del vicesindaco Luigi Nieri, l’operazione era stata rinviata.
Fino ad oggi.
All’interno dell’insediamento le condizioni erano realmente precarie. Ma non è proseguendo la politica di allontanamento e segregazione dei ‘campi’ che migliorano le cose: il trasferimento da un campo abusivo a quello di Castel Romano che, come spiegato dall’associazione 21 Luglio, è “monoetnico, isolato dal contesto urbano, ad alta concentrazione, luogo di degrado fisico e relazionale”, è lontano dall’essere una soluzione.
I cittadini rom interessati dopo la presentazione dell’ordinanza avevano infatti risposto con una lettera aperta, in cui chiedevano di non “vivere in un ghetto”, e si appellavano al neosindaco per dare vita a un dialogo per nuovi percorsi di inclusione.
Secondo le informazioni raccolte da Amnesty International Italia, Associazione 21 luglio e ERRC (Centro Europeo Diritti dei Rom), la richiesta avanzata “non ha avuto alcun seguito. Gli incontri avvenuti tra i rom e le autorità, per modalità, tempistica e partecipanti, non possono essere infatti considerati in alcun modo genuine consultazioni”.
Lo sgombero di oggi, e il conseguente trasferimento, è forzato, non discusso e, affermano le associazioni, non presenta “alternative abitative adeguate”, perché i cosiddetti ‘ villaggi della solidarietà’ del Comune di Roma – come quello di Castel Romano – “non possono essere ritenuti un’alternativa alloggiativa adeguata essendo stato comprovato come condurre la propria vita all’interno di detti insediamenti compromette la fruizione di diritti imprescindibili sociali ed economici e condiziona fortemente la vita dei suoi abitanti, spesso anche in dispregio dei diritti umani”.
In un comunicato, le associazioni identificano l’operazione di oggi come “un innegabile passo indietro rispetto ai contenuti espressi all’interno della Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti adottata dal governo italiano in attuazione della Comunicazione della Commissione europea n.173/2011. che sottolinea la necessità di superamento del modello ‘campo’ per combattere l’isolamento e favorire percorsi di interrelazione sociale”.
La posizione delle associazioni è stata immediatamente condivisa dal Presidente della Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato Luigi Manconi, dal giornalista Gad Lerner e dall’attore Moni Ovadia, che hanno chiesto all’amministrazione di prendere in seria considerazione la valutazione delle tre associazioni.