Il 9 marzo 2022 la Commissione Affari Costituzionali della Camera ha adottato il testo unificato “Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza. (Testo unificato C. 105 Boldrini, C. 194 Fitzgerald Nissoli, C. 221 La Marca, C. 222 La Marca, C. 717 Polverini, C. 920 Orfini, C. 2269 Siragusa, C. 2981 Sangregorio e C. 3511 Ungaro)”.
Il testo, di contenuto molto riduttivo rispetto alle proposte di riforma avanzate in passato da diverse realtà della società civile (si pensi alla proposta della campagna l’Italia sono anch’io), prevede che possa acquistare su richiesta (dei genitori) la cittadinanza italiana il minore straniero nato in Italia che abbia risieduto legalmente in Italia e abbia frequentato regolarmente, per almeno 5 anni, uno o più cicli scolastici (il cosiddetto ius scholae). Questo percorso è aperto anche al minore non nato in Italia purché sia arrivato prima dei 12 anni di età.
Non sono invece previste modifiche delle modalità di acquisizione della cittadinanza da parte degli adulti. E’ questo uno dei maggiori limiti riscontrabili nella proposta di legge, ma ve ne sono altri, come ha osservato anche Asgi in un documento pubblicato alcuni giorni fa, con l’obiettivo di perorare una riforma ben più incisiva e inclusiva.
Nel testo di riforma attualmente in discussione, resta infatti il riferimento alla residenza regolare e continuativa dei genitori, richiesta per poter fare domanda; mancano indicazioni dettagliate sull’oggetto del futuro regolamento di attuazione che sarebbero importanti per limitare la discrezionalità mostrata in questi anni da parte degli uffici del Ministero dell’Interno competenti nell’analizzare e valutare le domande di cittadinanza; non viene abolita la norma introdotta dal ddl.113/2018 che prevede la revoca della cittadinanza in caso di condanna definitiva per reati particolarmente gravi.
Pur tenendo conto di questi limiti, la riforma, se giungesse a compimento, consentirebbe di facilitare l’acquisizione della cittadinanza a più di 870mila minori già presenti in Italia (Stima Idos 2022). La richiesta della frequenza scolastica di 5 anni (anziché del titolo di studio) e l’estensione del diritto di richiedere la cittadinanza anche ai non nati ma cresciuti in Italia giunti entro il 12esimo anno di età rappresentano piccoli miglioramenti rispetto a proposte di legge analoghe presentate in precedenza, volte ad introdurre quello che è stato definito in passato come uno ius culturae.
Il nuovo stallo del Parlamento
Il voto favorevole di Forza Italia all’adozione di un testo unificato in Commissione ha generato in una parte dei movimenti che più si sono impegnati negli ultimi anni per la riforma, qualche piccola speranza sulla possibilità di una sua approvazione entro la fine della Legislatura. La presentazione di numerosi emendamenti al testo (circa 730), soprattutto da parte della Lega (484) e di Fdi (167), seppur vista con molta preoccupazione, non è stata considerata da subito una barriera insormontabile. Ben 200 proposte emendative sono state dichiarate subito inammissibili.
D’altra parte, l’impegno preso da parte del presidente della Commissione e relatore del testo Giuseppe Brescia (M5S) insieme ad alcuni membri della Commissione del Partito Democratico, nel supportare un rapido esame del testo, aveva scalfito il cauto scetticismo dei più prudenti. In un convegno organizzato sul tema da Cild il 4 aprile scorso, erano state offerte rassicurazioni in merito al tentativo di portare il testo in aula nel mese di maggio.
A distanza di meno di un mese il vento sembra però essere cambiato.
I lavori in Commissione procedono lentissimi.
Al 2 maggio il nuovo calendario dei lavori in aula alla Camera non prevede la discussione del testo di riforma né per il mese di maggio né per il mese di giugno.
L’ostruzionismo della Lega è sicuramente la causa prima di questa situazione di stallo. Ma era ampiamente prevedibile, anche da parte delle forze che sostengono il testo di riforma in discussione.
Ci sarebbe ancora una strada da poter percorrere: il Presidente della Commissione e relatore della legge potrebbe portare direttamente il testo in aula senza far proseguire in Commissione il dibattito sugli emendamenti. Ma per fare questo, serve reintrodurre il testo di legge nel calendario dei lavori in aula.
I tempi sono strettissimi e le elezioni amministrative sono vicine.
Il rischio che si ripeta ancora una volta quello che è successo nel 2017 sembra purtroppo molto alto, come hanno osservato lucidamente gli attivisti del movimento italianisenzacittadinanza.
Come non essere d’accordo?