Si è dimesso l’assessore leghista denunciato per i cori razzisti del 3 gennaio scorso, che hanno provocato l’abbandono del campo da parte del Milan e la conseguente sospensione della partita amichevole.
Riccardo Grittini, 22enne assessore allo sport e alle politiche giovanili del Comune di Corbetta, in provincia di Milano, è infatti indagato insieme ad altri 5 tifosi del Pro Patria, accusati di violazione della legge Mancino contro l’istigazione all’odio razziale. I sei sono stati sottoposti al Daspo, l’interdizione dagli stadi per cinque anni, la pena massima prevista dalla giustizia amministrativa.
Grittini, eletto nelle amministrative del 2011 con la lista della Lega Nord “Corbetta federalismo e libertà”, era assessore da novembre, nella giunta guidata dal sindaco Antonio Balzarotti.
Proprio il sindaco, attraverso un comunicato, ha dato notizia delle dimissioni: “Il giovane assessore, fortemente scosso e mortificato dagli equivoci generati e in attesa che le autorità competenti chiariscano le reali dimensioni dei fatti e le relative responsabilità, ha deciso di rimettere nelle mani del Sindaco le deleghe a lui assegnate”, si legge nel comunicato. Dichiarazioni che sembrano schierarsi con l’assessore: in questi giorni il sindaco, parlando della vicenda, si era detto pronto a fare a meno di Grittini, a cui comunque aveva espresso la propria vicinanza. “Non conosco le carte della magistratura e in questo momento credo a ciò che mi ha detto lui – dichiarava alla stampa il primo cittadino – Certo, se salta fuori qualcosa di diverso, non potrà più fare l’assessore”.
Parlando della vicenda, il sindaco aveva inoltre condannato gli episodi di razzismo. Una condanna che stride fortemente con quanto affermato oggi dal sindaco, nel corso di un’intervista con Skytg24: pensando che fosse fuori onda, Balzarotti si è così rivolto a un suo collaboratore: “Ma voglio dire che se uno fa buu a un negher l’è un reato…?”
Una vicenda, quella dell’amichevole Pro Patria-Milan, che se sembrava conclusa con la sospensione della partita pare invece aprire uno scenario ben più ampio non solo sulla presenza del razzismo nello sport e negli stadi, ma sulla percezione dello stesso e sulla presa di consapevolezza – o meno – della società italiana.
Insieme alle condanne dei cori e a proposte di iniziative contro il razzismo, ci sono tentativi di minimizzare l’accaduto e le critiche per il gesto di Boateng, giocatore rossonero bersaglio dei cori, che per primo ha lasciato il campo.
Pietro Vavassori, patron della Pro Patria, annuncia che dalla prossima partita lo stadio Speroni aprirà gratuitamente la sua tribuna d’onore, e se “i posti non basteranno” anche gli altri settori “a tutte le persone di colore. Spero che anche altre società intraprendano la stessa iniziativa”. Inoltre, domenica scorsa il Milan si è allenato indossando delle magliette con slogan contro il razzismo. E l’episodio di Busto Arsizio mette in evidenza anche la proposta del gruppo bolognese “W il calcio”, che già prima del 3 gennaio aveva chiesto di ricordare l’allenatore del Bologna Arpad Weisz, durante la partita Inter-Bologna per il quarto di finale di Coppa Italia. Weisz, espulso dall’Italia in quanto ebreo, fu deportato nel campo di concentramento di Auschwitz, dove morì. L’iniziativa, che ha già avuto il via libera della società rossoblu, del sindaco bolognese Virginio Merola e di Giuliano Pasapia, primo cittadino di Milano, attende ora l’ok dell’Inter.
Una condanna del razzismo arriva anche da parte di Joseph Blatter, presidente della Fifa, che però all’indomani dell’accaduto dichiara al quotidiano The National: “Lasciare il campo non credo sia la soluzione. Ci vogliono tolleranza zero e sanzioni dure contro il razzismo”. Ieri Blatter, durante la cerimonia di consegna del Pallone d’Oro, ha chiarito la propria posizione: “Il gesto di Boateng è stato un segnale forte e coraggioso. Ma dobbiamo trovare altre soluzioni sostenibili per affrontare il problema alla sua radice”.
La linea di Blatter, che propone sanzioni più dure, sembra essere condivisa dal ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri. Nel corso della trasmissione radiofonica di Radio 24 ‘Nove in punto’, il ministro, pur condannando come “esecrabili” cori e striscioni razzisti, a cui “occorre reagire nella maniera più decisa”, ha dichiarato che spetta all’arbitro la responsabilità di decidere come agire. Il ministro ha annunciato un incontro tra la Lega Calcio e il Capo della Polizia: “La direttiva e’ quella di essere molto duri”, ha affermato.“Occorre una ferma presa di posizione da parte dell’arbitro che deve individuare al momento il tipo di manifestazione che accade, se fossero un numero determinato di persone occorre agire su quelle persone ma non arrivare a sospendere la partita perché questo potrebbe creare dei problemi di ordine pubblico molto seri”, ha spiegato il ministro. Secondo quanto dichiarato, quindi, la partita andrebbe sospesa solo se i cori razzisti coinvolgessero la maggioranza dei tifosi: in caso contrario, occorre “individuare chi fa questi cori, allontanandoli e punendoli con fermezza, con i Daspo e con tutti i provvedimenti previsti”.
Parlando dell’abbandono del campo da parte del Milan, il ministro lo definisce “un bel gesto che ha richiamato l’attenzione a questo fenomeno grave, ma deve rimanere un gesto isolato”.
Il ministro sembra dunque limitarsi a condannare il fenomeno dei cori e degli insulti razzisti esclusivamente all’interno del mondo del calcio, trattandoli come problemi di ordine pubblico. Forse sarebbe stato utile osare di più e identificare in questo come nei numerosi casi di intolleranza che si registrano all’interno degli stadi i sintomi di un razzismo purtroppo diffuso trasversalmente anche al di là degli spalti, nei diversi ambiti della vita pubblica e sociale.