Il Presidente dell’Anci, Graziano Delrio, interviene sulla questione dell’accesso all’assegno INPS per i nuclei familiari numerosi per i cittadini di Paesi terzi lungo soggiornanti.
In una lettera inviata al Ministero del lavoro e delle Politiche sociali, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani lamenta la mancanza di chiarezza da parte del governo in merito alla questione, e chiede l’emanazione di una direttiva orientativa per gli enti locali, titolari del potere di erogazione della prestazione sociale.
Secondo la normativa italiana, l’assegno è riservato ai soli cittadini italiani o europei. Ma, sulla base del principio di parità di trattamento in materia di prestazioni sociali, sancito dall’art. 11 della direttiva europea n. 109/2003, la prestazione spetta anche ai cittadini di paesi terzi non europei titolari di una carta di soggiorno o del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti, come stabilito anche da diversi tribunali italiani (http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=2434&l=it ).
Nonostante ciò l’Inps e le autorità ministeriali continuano a riservare la possibilità di accesso a questa prestazione assistenziale solo agli italiani e i cittadini comunitari, dando dunque istruzioni ai Comuni di non concedere l’assegno ai cittadini di paesi terzi
Richiamando la direttiva europea, Delrio denuncia la situazione dei Comuni, che ad oggi “si trovano di fronte al dilemma se riconoscere la provvidenza anche ai cittadini non comunitari ‘soggiornanti di lungo periodo’, rischiando eventuali responsabilità erariali in possibili procedimenti dinnanzi alla Corte dei Conti, o negare la concessione basandosi sul mero dato testuale, pagando con ogni probabilità le spese legali di soccombenza per comportamento razzista e discriminatorio assunto in violazione della direttiva Ue”.
Per questo motivo, Delrio chiede “l’emanazione di una specifica direttiva del ministero che possa dare espressamente agli enti locali l’indicazione sulla concessione dell’assegno familiare anche ai cittadini non comunitari ‘soggiornanti di lungo periodo”’.
Mentre la situazione rimane confusa, singoli Comuni hanno scelto di erogare la prestazione sociale, evitando così di incorrere in procedimenti legali antidiscriminatori: è il caso del Comune di Pordenone, che il 9 gennaio scorso ha emanato una delibera in tal senso.
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