di Cinzia Gubbini
Si va a curare, non ha con sé il permesso di soggiorno. Per questo viene chiamata immediatamente la polizia, che prontamente si reca a prelevare la persona. Il tutto è illegale. La normativa italiana, nonostante quello che tentò di fare l’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni con il pacchetto sicurezza, vieta esplicitamente di legare il diritto alle cure alla regolarità del permesso di soggiorno.
Succede a Polistena, in provincia di Reggio Calabria. E’ qui che solitamente si rivolgono anche i migranti che lavorano e vivono a Rosarno, visto che lì non ci sono ospedali – anzi, la storia dell’ospedale di Rosarno (quasi 15 mila abitanti) è uno scandalo, visto che la struttura fu completata nel 1991 ma non è mai stata utilizzata.
Comunque: giovedì scorso un ragazzo straniero si presenta al Pronto soccorso di Polistena, accompagnato da un volontario di un’associazione locale. La denuncia di quanto accaduto arriva da un comunicato stampa dell’Asgi, l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione.
I medici avrebbero immediatamente chiesto se avesse i documenti in regola. Il volontario ha fatto presente quali sono i termini di legge. Non pochi, e i medici dovrebbero conoscerli tutti: l’articolo 35 del T.U. precisa come “l’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”. Ma quando è obbligatorio il referto? L’art.365 del codice penale esclude l’obbligo di referto dei sanitari quando esso esporrebbe la persona assistita a procedimento penale. Ma non basta: l’art.6 del testo unico sull’immigrazione prevede espressamente un’eccezione alla regola dell’obbligo di presentare i documenti di soggiorno proprio con riferimento all’accesso alle prestazioni sanitarie. Senza contare il diritto alla salute riconosciuto dalla Costituzione come nucleo irriducibile dei diritti di ogni essere umano.
Insomma: ce n’è abbastanza perché ai medici venisse almeno un dubbio. Ma l’impressione del volontario e della persona che voleva essere curata, è che il meccanismo all’ospedale di Polistena sia consolidato. Arriva uno straniero che ha l’aria di essere un irregolare (quale sarà poi l’aria di un “irregolare”)? Per prima cosa si chiama la polizia.
La quale, come puntualizza il comunicato stampa del direttivo dell’Asgi che denuncia il grave episodio, è arrivata immediatamente e ha portato la persona in questura. “Non si può certo dire si sia trattato di un mero disguido e sorge spontaneo il fondato sospetto che tale episodio non rappresenti un caso isolato bensì la prassi seguita dal personale sanitario ivi operante – denuncia l’Asgi – che risulta avere replicato alle obiezioni sollevate richiamandosi ad un preteso (quanto infondato) obbligo di denuncia in relazione al (puramente presunto) reato di presenza irregolare sul territorio di cui all’art.10 bis del T.U. sull’immigrazione. Non di meno stupisce il comportamento tenuto dalle forze dell’ordine, che avrebbero dovuto astenersi dall’intervenire in tale contesto”.
Abbiamo provato più volte a comunicare con l’ospedale, che pur servendo una zona molto ampia (tutta la Piana di Gioia Tauro) non ha neanche un Ufficio per le relazioni con il pubblico. Due volte siamo riusciti a parlare con la Direzione Sanitaria, chiedendo spiegazioni e conferme sul comportamento dei sanitari. La persona che ha risposto entrambe le volte, una donna che non ha detto il suo nome – il direttore sanitario dell’ospedale comunque è una donna, Loredana Carrera – ha detto più volte di non poter parlare con i giornalisti e allo stesso tempo che alla direzione non era arrivata alcun tipo di segnalazione. Poi, purtroppo, è “caduta la linea” e il telefono è rimasto occupato per ore.
In ogni caso l’Asgi si riserva azioni legali e osserva potenziali “profili penali” nell’azione dei sanitari. Intanto, l’associazione si rivolge all’amministrazione dell’ospedale, chiedendo un immediato accertamento dei fatti e un conseguente provvedimento disciplinare.
Nel 2009, all’epoca dell’approvazione del “pacchetto sicurezza” ci fu un’aspra battaglia proprio sulla volontà di togliere il divieto di denuncia per i medici. Manifestazioni di piazza, ma anche battaglie in parlamento. E alla fine quella norma, giudicata da molti pericolosa, uscì dal decreto legge. Ma come si vede ha evidentemente dato i suoi frutti. Nel suo comunicato l’Asgi ribadisce il pericolo che con comportamenti di questo tipo “si inducono gli immigrati a tenersi alla larga dalle strutture sanitarie pubbliche sino a quando le patologie assumono gravità tale da non consentire scelta, così ledendo al tempo stesso la salute delle persone, favorendo la diffusione di eventuali patologie infettive e comunque dando luogo alle maggiori spese per la cura ed il ricovero a fronte di patologie aggravatesi nel frattempo”.
Infine un particolare secondario, ma non di poco conto: la persona portata in questura i documenti ce li aveva. Regolari.