
A distanza di giorni le parole del Ministro Lollobrigida riecheggiano ancora.
Il 18 Aprile, in qualità di Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida viene invitato al congresso della CISAL. Quel giorno, con riferimento alla crisi demografica connessa al forte calo delle nascite che sta interessando l’Italia e all’impatto che può determinare sugli equilibri del nostro sistema pensionistico, il Ministro, come riporta anche Ansa, è intervenuto con queste parole:
«Le nascite non si incentivano convincendo le persone a passare più tempo a casa, perché si intensificano i rapporti, come ha sostenuto qualcuno, non è quello il modo.
Il modo è costruire un welfare che permetta di lavorare e di avere una famiglia, sostenere le giovani coppie a trovare l’occupazione. Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica: gli italiani fanno meno figli, quindi li sostituiamo con qualcun altro. Non è quella la strada».
L’idea di “sostituzione etnica”, non è certo nuova, anzi. Si tratta di un’espressione che ha attraversato in modo ricorrente l’immaginario e le retoriche delle destre globali. Si è diffusa nelle destre europee a partire dalla seconda metà degli anni ‘90, soprattutto dopo la pubblicazione del libro di Samuel Huntinghton sullo “Scontro di civiltà” ed è al centro della teoria complottista del Piano Kalergi, elaborata dal negazionista Gerd Honsik che ha reinterpretato le idee del filosofo austriaco Kalergi. Secondo tale teoria vi sarebbe un piano attuato dai magnati dell’industria e dai grandi capitalisti di sostituire le persone cosiddette caucasiche con persone di etnia afrodiscendente o asiatica, come riportato anche sul sito del Governo fra le sottovoci dell’Antisemitismo.
Il contenuto della teoria e l’orizzonte culturale a cui fa riferimento non possono essere sottovalutati perché ripropongono i concetti di “razza” e di “etnia” come elementi discriminanti per creare una scala di valore basata sulla linea del colore. L’idea di “sostituzione etnica” si rifà ad un immaginario in cui le “etnie” e le “culture” sono dei sistemi monolitici e non destinati a mutare nel tempo, a seguito dell’incontro delle diverse esperienze delle singole persone che compongono la società. Parlare dunque di “etnia italiana” riferendosi agli italiani dalla pelle bianca, è anacronistico e pericoloso, oltreché sbagliato, e richiama i tempi non lontani in cui si parlava di razza italiana da preservare o difendere.
Proprio con la coscienza di quell’eco proveniente dal periodo più buio della storia italiana, una parte significativa dell’opinione pubblica ha fortemente criticato l’espressione usata dal Ministro: è intervenuta l’opposizione con la segretaria del Partito Democratico ricordando come questa retorica appartenga a chi segue l’ideologia del suprematismo bianco, così come diversi intellettuali come Donatella Di Cesare, Roberto Saviano, Tomaso Montanari, o il giornalista Enrico Mentana.
La dichiarazione del Ministro stringe la mano ad un fascismo sempre meno latente che non si nasconde nemmeno nel video di risposta alle critiche ricevute pubblicato sul suo profilo Facebook. Lollobrigida critica l’opposizione, afferma di essere lontano dall’idea di “supremazia di una etnia piuttosto che un’altra” e che tutte “sono valide per le loro differenze”, poi afferma “Ciò che voglio dire è che bisogna difendere anche l’etnia Italiana”.
Questa affermazione ha diversi precedenti all’interno del mondo della destra italiana. Come ricorda Mattia Feltri in una breve riflessione pubblicata per La Stampa il 19 Aprile, l’attuale Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, fin dal 2017 ha utilizzato questa espressione come cardine delle istanze portate avanti dal suo partito. Lo stesso Salvini, sempre nel 2017, parla di «sostituzione di popoli» per argomentare la sua contrarietà rispetto ad una riforma della cittadinanza che segua il principio dello Ius Soli anziché dello Ius Sanguinis. Ancora nel 2020, come segnalato anche nel nostro database, il quotidiano Libero Quotidiano, testata giornalistica molto vicina ai partiti della destra, pubblica un articolo dal titolo «In Italia trentamila morti rimpiazzati con 600mila migranti», con riferimento esplicito alla “sostituzione etnica” all’interno del testo.
Dunque la teoria, pur appoggiandosi ad un evidente falso storico – il Piano Kalergi appunto – ha un forte potere evocativo nelle destre e continua a comparire sia nelle campagne elettorali e nel dibattito politico. Come notano Tommaso Ciriaco e Emanuele Lauria in “Salvini alza il tiro sul decreto Cutro. L’ira della premier ‘pianta bandierine’”, ma anche Francesco Bei ne “Il peso delle parole”, entrambi articoli pubblicati per La Repubblica il 19 Aprile 2023, la necessità di ritrovare una connessione con l’elettorato di riferimento passa proprio per affermazioni come queste che riescono a parlare alla pancia delle persone, stimolando paure irrazionali come quelle di una fantomatica sostituzione di popoli. La rievocazione del tema della “razza”, il riferimento ad una società e ad una cultura italiane immutabili, quasi fossero essenze ontologiche, il trattare tutte le persone considerate “altre” a quelle essenze come soggetti da temere o in maniera deumanizzante ed oggettificante: tutto questo fa parte dell’identità della destra attualmente al governo. Un esempio tra i molti è quello offerto dal Ministro Piantedosi quando parla di «carico residuale» riferendosi ai migranti. Si tratta di una destra che non nasconde il suo razzismo, mantiene un forte legame con il fascismo e continua a ostracizzare l’antifascismo.
Il Ministro Lollobrigida in alcune interviste rilasciate a vari giornali, dall’Huffington Post al Corriere della Sera, sta prendendo le distanze dalla teoria cospirazionista dichiarando di non essere stato a conoscenza delle teorie complottiste costruite attorno al Piano Kalergi. Avrebbe usato determinate parole per ignoranza e non per razzismo. Ma vedendo la frequenza con cui ricorrono certe espressioni nella sua area politica, parlare di ignoranza appare un diversivo volto a nascondere, ancora una volta, il carattere strutturale del razzismo, il ben noto espediente che tenta di liquidare discorsi e messaggi razzisti come “casi isolati”, “gaffes” e “scivoloni”.
Certo, all’indomani del 25 Aprile, la gravità di questo “scivolone” aumenta quando la seconda carica più importante dello Stato nega l’antifascismo all’interno della Costituzione. Tornare ad usare le parole “razza” o “etnia” in questi termini, rievoca in modo sinistro il fantasma di un momento in cui la divisione, l’esclusione e la discriminazione non erano legittimate solo socialmente, ma anche legalmente. Un fantasma che sembra sin troppo vivo.