di Cinzia Gubbini
Molte polemiche ha sollevato la questione delle iscrizioni on line degli studenti, che da quest’anno è obbligatoria in via sperimentale per gli alunni delle prime classi di elementari,medie e superiori. La “maschera” dell’iscrizione, infatti, prevede l’inserimento di un codice fiscale e questo ha portato a denunciare – prima da parte della Rete degli Studenti e poi della Cgil – la discriminazione nei confronti degli alunni con genitori immigrati che non hanno – per i più svariati motivi – ancora un permesso di soggiorno.
La frequenza della scuola dell’obbligo per tutti i bambini in Italia non è solo un diritto, ma anche un dovere. Un rapido ripasso: l’articolo 34 della Costituzione dice “La scuola è aperta a tutti.
L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita”. L’articolo 38 del Testo unico sull’immigrazione dice: “I minori stranieri presenti sul territorio sono soggetti all’obbligo scolastico; ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all’istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica. L’effettività del diritto allo studio è garantita dallo Stato, dalle Regioni e dagli enti locali anche mediante l’attivazione di appositi corsi ed iniziative per l’apprendimento della lingua italiana”.
Insomma: tutti i bambini in Italia hanno il diritto e il dovere di frequentare la scuola dell’obbligo, se non fosse ancora chiaro. Qualsiasi discriminazione, quindi, rappresenterebbe una gravissima lesione della legge.
A quanto pare, però, la richiesta del codice fiscale non comporta alcuna esclusione, e la questione pare essere – perlopiù – il “disvelamento” al grande pubblico di una pratica che da anni le scuole affrontano inserendo nel Sidi – il sistema delle segreterie scolastiche con cui si comunicano al ministero dell’Istruzione le iscrizioni – codici fiscali generati automaticamente dal sistema e quindi “fittizi”.
Ma andiamo con ordine: la denuncia della presunta esclusione ha comportato la diramazione da parte del Ministero dell’Istruzione di un comunicato di chiarimento, che però ha anche aperto alla possibilità per le famiglie con un problema con il permesso di soggiorno di presentare l’iscrizione cartacea: a generare il codice fiscale ci penserà la scuola, come faceva prima della sperimentazione. “Proprio per garantire a tutti gli studenti il diritto dovere di istruzione, – scrive nel suo comunicato “di risposta” il ministero dell’Istruzione – si ribadisce che i genitori di questi studenti devono recarsi presso le segreterie degli istituti scolastici che provvederanno ad acquisire le domande di iscrizione. Del resto, le scuole hanno già a disposizione e utilizzano da tempo una procedura automatizzata per l’iscrizione per questi casi. Allo stesso modo, continua ad essere valida la possibilità di un’unica registrazione per il genitore che ha più figli da iscrivere”.
La “procedura automatizzata” di cui parla il comunicato del Miur è appunto quella a disposizione delle segreterie scolastiche: “Basta inserire lo stato di nascita e la data e il sistema produce automaticamente il codice fiscale. Lo facciamo da anni”, dicono ad esempio dalla segreteria della scuola Manin di Roma, una di quelle a più alto tasso di multiculturalità della capitale. Qualcuno ha azzardato che questo potrebbe comportare un “controllo” da parte delle Agenzie delle Entrate. Finora, e lo si fa da anni, non è mai accaduto nulla: il codice fiscale è un elemento burocratico che va inserito, il permesso di soggiorno si può non averlo per i più svariati motivi – rinnovo in corso, ad esempio – e non solo perché si è tout court “irregolari”. Inoltre, come già detto, l’istruzione è un diritto-dovere, quindi l’Agenzia delle Entrate non è interessata a fare dei controlli.
Che i “codici fittizi” siano qualcosa che il “sistema” prevede lo si deduce anche dalla circolare emanata dal Miur il 9 maggio 2011 relativa all’anagrafe degli studenti: chiedendo alle scuole di aggiornare i dati attraverso il Sidi – il sistema informatico – si legge che tra le cose da controllare ci sono: “i codici fiscali fittizi”: “si ricorda – dice la circolare – che un alunno può essere censito con un codice fiscale fittizio solo nel caso in cui si tratti di cittadino straniero in attesa di ottenere il codice fiscale italiano”. “Questa circolare fa capire molto bene – spiega Sergio Bontempelli, che da anni si occupa di Sportelli legali per immigrati in giro per la Toscana e che dunque conosce bene la burocrazia dei permessi di soggiorno – che il “finto codice” è previsto e utilizzato, anche se ovviamente, trattandosi di una cosa un po’ strana, non viene gridato ai quattro venti. Comunque a mio avviso non c’è alcun problema: le scuole che si rapportano da anni con queste laboriose procedure sanno come comportarsi”.