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Cronache di ordinario razzismo

Cronache di ordinario razzismo

Cronachediordinariorazzismo.org è un sito di informazione, approfondimento e comunicazione specificamente dedicato al fenomeno del razzismo curato da Lunaria in collaborazione con persone, associazioni e movimenti che si battono per le pari opportunità e la garanzia dei diritti di cittadinanza per tutti.

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Il Covid “da importazione” e le “bombe virali”: il caso dei cittadini bengalesi e non solo

8 Luglio 2020

Ci sono i dati di fatto e poi ci sono le campagne a mezzo stampa che “lavorano” in modo certosino per distorcere i dati reali e i fatti, manipolare la realtà e cavalcare la paura. Negli ultimi due giorni, ha destato molta attenzione e preoccupazione la notizia relativa alla presenza di alcuni casi di contagio da Covid-19 tra i cittadini bengalesi che stanno rientrando in Italia. Si tratta di molti lavoratori che erano rimasti bloccati nel paese di origine nella fase di lockdown. E questo è un primo dato di fatto.

Che questi cittadini bengalesi stiano rientrando perché devono riprendere a lavorare e al tempo stesso sfuggire al virus che sta colpendo il Bangladesh senza pietà, è un altro dato di fatto. E che forse stanno rientrando perché hanno un permesso di soggiorno in scadenza e l’ambasciata italiana a Dacca ha spiegato che dopo non concederà più visti d’ingresso, potrebbe essere un’altra spiegazione plausibile.

Di fatto, la quarantena per chi arriva da Paesi extra Ue ed extra Schengen è già prevista ed è confermata per tutti. La sospensione dei voli aerei dal Bangladesh, almeno per una settimana, deciso ieri dal ministro della Salute Speranza in accordo con il ministro degli esteri, almeno finché non si troverà un modo più sicuro per gestire le misure di sicurezza, è una scelta che si pone in continuità con la linea della massima prudenza.

La goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso sarebbe stato il volo Dacca-Roma atterrato a Fiumicino lunedì 6 luglio con a bordo 276 persone di cui 36 risultati positivi al Covid, alcuni febbricitanti. Sin qui tutto assolutamente normale e corretto. Anzi, dovuto, nell’interesse collettivo e nella tutela di tutti.

Ciò che invece non risulta corretto è sicuramente il tentativo fatto, soprattutto nelle ultime 24 ore, da parte di alcuni organi stampa (e non solo) di calcare la mano sui fatti e fomentare ansie e paure (non ingiustificate, quanto piuttosto fuorvianti) attraverso la ripresa del linguaggio bellico associato al Covid, prendendo a bersaglio i cittadini stranieri. In questo caso specifico, i cittadini bengalesi.

A fornire l’”ispirazione” alla stampa, è stato l’assessore laziale alla Sanità, Alessio D’Amato, che ha definito la situazione attuale “una vera e propria ‘bomba’ virale che abbiamo disinnescato con tempestività” (riferendosi all’ordinanza firmata ieri dal presidente della Regione Nicola Zingaretti). Proprio questa mattina, la Asl Roma 2 e l’Unità di Crisi anti-Covid hanno incontrato i rappresentanti della comunità bengalese per informare ma anche, giustamente, diremmo, tranquillizzare i bengalesi di Roma. La Regione invece ha chiesto a tutti coloro che dal 1 giugno siano rientrati dal Bangladesh, o siano stati a contatto con connazionali di ritorno dalla madrepatria, di andare a sottoporsi ai test al ‘drive-in’ di S. Caterina delle Rose a Largo Preneste. Negli scorsi giorni, però, sono arrivati dal Bangladesh altri 8 voli. La Regione ha invitato tutti a sottoporsi al tampone, ma intanto spuntano i nuovi casi. Il che, evidentemente, costituisce un grosso problema. Non solo perché la comunità a Roma è molto numerosa, ma anche perché molti cittadini bengalesi sono costretti a vivere in condizioni di promiscuità e lavorano in settori dove il rischio contagio è molto alto: ristorazione e commercio.

La comunità bengalese della Capitale è una delle più grandi e organizzate, ormai parte del tessuto sociale ed economico della città, soprattutto in alcuni quartieri (ad esempio, nella zona di Torpignattara vive quasi un terzo degli oltre 30mila bengalesi di Roma), con una rappresentanza istituzionale riconosciuta e una vita associativa e culturale vivace. Alcuni esponenti e rappresentanti della comunità, interpellati in modo pressante dalla stampa main-stream, che chiede “spiegazioni”, lamentano la scarsa collaborazione del governo bengalese, il quale non fornisce le corrette informazioni sulla prevenzione e sulla diffusione da contagio a chi è in partenza dal Paese. L’Associazione Dhuumcatu onlus ritiene che fermare i voli non sia la soluzione definitiva al problema e stima che ci siano almeno altre 4mila persone a cui scade a breve il permesso di soggiorno e che avranno bisogno di rientrare.

Ecco che immediatamente si insinua un nuovo “pericolo”: molti infatti sono i cittadini bengalesi che arrivano e che arriveranno nel nostro Paese attraverso scali europei intermedi, andando ad aumentare il livello di difficoltà nell’”intercettarli” in tempo. Una situazione simile a quanto avvenne a inizio emergenza con gli arrivi dalla Cina provenienti da altri scali. Buona parte dei passeggeri si sarebbero imbarcati avendo già contratto il virus, alcuni di loro partiti con già presenti i sintomi Covid. Nessuno li avrebbe fermati all’imbarco probabilmente a causa di presunti falsi certificati di negatività rilasciati da cliniche locali prima di giungere in aeroporto. A Dacca, sempre secondo il Messaggero – basterebbero tra 36 e 52 euro per acquistare un’attestazione sanitaria fasulla che permetterebbe a chiunque di imbarcarsi e lasciare il Paese.

Ma in queste ultime ore, la ricerca spasmodica di un capro espiatorio o di un nuovo spauracchio a cui addossare le cause della diffusione del virus si sta già muovendo su nuovi “fronti”.

“Voli chiusi ai bengalesi tanto arrivano sui barconi” scrive sulla La Verità di oggi Maurizio Belpietro, cercando di insinuare il fatto che anche gli sbarchi siano portatori di “untori”. “Qui il coronavirus dilaga”: la bomba in arrivo per l’Italia” titola il Giornale, sempre oggi, riferendosi ai “probabili migranti infetti” in fuga dalla Libia. Mentre ieri si parlava di quelli provenienti dall’Algeria: “I migranti arrivano già infetti: ora scatta l’allarme in Europa”. E ancora: “Non solo il Bangladesh: ecco quali sono i Paesi che potrebbero essere “bombe virali” per l’Italia”, è il titolo de La Stampa, sempre di oggi, che insinua che il “pericolo” venga anche dai Balcani, in modo particolare dalla Serbia. E potremmo continuare all’infinito.

Il problema di fondo è questo. La pandemia è ancora in corso e le misure di sicurezza e di distanziamento dovrebbero essere adottate e rispettate da tutti, senza distinzione alcuna. E’ assolutamente giusto effettuare tutti i controlli del caso sia sui voli che sulle navi che salvano i migranti in mare. Cosi come è doveroso prendere tutte le precauzioni del caso.

Tuttavia, è molto rischiosa l’operazione che certa stampa e certi politici stanno facendo. Ovvero il voler cercare in maniera ossessiva un nuovo untore cui attribuire la responsabilità della diffusione del contagio. All’inizio della pandemia il “bersaglio” privilegiato sono stati i cittadini cinesi (o dai “tratti asiatici”). Ora lo sono tutti i cittadini stranieri. Ieri è toccato ai “bulgari”, oggi tocca ai “bengalesi”, domani non lo sappiamo.

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Filed Under: News, Primo piano Tagged With: bengalesi, bombe virali, covid, lockdown, stampa, untori

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