
di Stefania N’Kombo José Teresa
Prima insulti, poi minacce e infine ad agosto scorso l’ha aggredita fisicamente. L’incubo di Reine Charlie Atadieu Djomkam, cittadina 36enne camerunense è iniziato nel 2021, quando si è trasferita in una casa popolare a Pavia. L’inquilino dell’appartamento dal trasferimento ad oggi ha continuato e continua ad aggredire Reine e la sua famiglia, fra atti intimidatori e aggressioni, fino al video reso pubblico da Milano Pavia TV l’8 novembre scorso che riprende uno degli episodi più gravi, la tremenda aggressione fisica subita da Reine nell’agosto scorso, davanti agli occhi della figlia, che si trovava in casa con un’amica. Dopo l’aggressione la donna ha ricevuto una prognosi di 10 giorni.
A sostenere pubblicamente Reine anche Non Una di Meno Pavia, che attraverso un post ha ricordato come la donna non solo abbia sporto più volte denunce alla polizia, ma, tramite l’assemblea territoriale di lotta per la Casa, abbia anche chiesto aiuto all’ALER – Azienda Lombarda di Edilizia Residenziale – per un’altra sistemazione. Nonostante abbia fornito prove chiare dello stato di pericolo suo e della sua famiglia, le forze dell’ordine non sembrano essere intervenute in suo supporto. L’ALER, dopo una prima disponibilità, ha fatto marcia indietro invitandola a trovare una soluzione nel mercato abitativo privato.
La storia di Reine, che ad oggi non ha ancora trovato una soluzione, è uno spaccato di vita tipico che mostra come diversi livelli di oppressione possano agire simultaneamente. C’è il precariato che è tra le principali cause di mancata accessibilità al mercato immobiliare privato dove gli affitti hanno raggiunto prezzi proibitivi, costringendo molte persone alla lunga attesa per un alloggio popolare o a soluzioni allocative informali. C’è il suo essere una donna lavoratrice single, con due figlie e il carico di responsabilità che questo comporta. C’è il suo essere straniera che la espone ancora oggi al razzismo quotidiano. La storia di Reine, che forse più di altre mostra le conseguenze dell’intersezione fra povertà, genere e razzializzazione, è anche una storia che interroga sulle responsabilità istituzionali – come sottolinea Non Una di Meno Pavia sui suoi canali social – nella tutela di persone che vivono sistematicamente in una condizione di marginalità tale che spesso si traduce in vero e proprio pericolo per l’incolumità personale.
Spesso sfugge come il razzismo si presenti non solo nella dimensione istituzionale, politica, narrativa, ma anche e soprattutto in quella interpersonale. E’ nella quotidianità della vita lavorativa, scolastica o quella di vicinato in cui gli effetti del razzismo si fanno sentire, spesso senza clamore, ma con effetti ugualmente profondi. Un foglio appeso in un citofono con su scritto “In questo palazzo non vogliamo n…. appestati. Vai via subito che sei pestato. Qua non vogliamo droga” (Albisola – SV,Liguria, 2018), atti persecutori a movente razzista che hanno portato ad un arresto per stalking (Sorbano del Vescovo – LU, Toscana, 2022), o minacce e aggressioni fisiche che hanno portato ad una misura cautelare (Busto Arsizio- VA, Lombardia, 2021): il razzismo si esplica anche così, giorno dopo giorno, tra parole, abusi, frasi, colluttazioni che spesso vengono derubricate a baruffe di condominio, ma che come nei casi citati sono delle vere e proprie forme di violenza. Tuttavia, se l’epilogo delle storie rievocate poc’anzi testimonia, fortunatamente, un parziale riconoscimento istituzionale della violenza subita, Reine attualmente è ancora in attesa di ascolto e giustizia.
Un’attesa, che non possiamo dimenticare, purtroppo, e lasciare che assomigli a quella di tante donne che spesso denunciano abusi e violenze in circostanze simili, senza trovare ascolto o supporto. Proprio nel mese in cui l’attenzione pubblica è incentrata sulla violenza patriarcale nei confronti delle donne, non possiamo non ricordare come il sessismo nel quotidiano si intersechi costantemente con la fragilità economica e con il razzismo. Per contrastare questi fenomeni anche e soprattutto nella dimensione interpersonale è necessario utilizzare una lente intersezionale che parta, prima di tutto, dall’esperienza delle persone.
Ci uniamo a Non Una di Meno, mostrando solidarietà a Reine Atadieu, sperando che anche nella sua storia – come nelle altre che si svolgono lontano dal nostro sguardo – l’epilogo trovi una forma di giustizia e tutela.










