
Un’altra aggressione razzista e fascista è avvenuta a Cesena, nella notte tra l’11 e il 12 ottobre. A parlarne per prima è proprio la persona che l’ha subito, in una lettera aperta alla redazione di CesenaToday: si tratta di un cittadino albanese di 30 anni, residente in città da quando ne ha 16 che lavora come metalmeccanico, e parla esplicitamente di “odio ideologico” e “violenza di gruppo” nei suoi confronti. L’altra persona aggredita è un suo amico e coetaneo, cittadino marocchino.
Stando sia alla ricostruzione nella lettera, sia all’intervista concessa al Resto del Carlino, i due stavano camminando in via Mazzini, nel centro storico, quando un gruppo di circa 40 persone si è avvicinato e uno di loro si è rivolto al suo amico con un insulto razzista, dicendogli “Ho capito che sei un marocchino di m****”, al quale lui avrebbe replicato “Non fare il galletto”.
Da questa frase sarebbe poi partito l’aggressione: una ventina di persone li avrebbe circondati e pestati, colpendo il cittadino albanese con una bottiglia sul viso e facendolo cadere a terra, per poi colpirlo con calci e pugni, fino a farlo svenire. Il suo amico è riuscito a scappare e a chiamare i soccorsi. In ospedale, l’uomo ha ricevuto una prognosi di trenta giorni per una frattura al cranio e una ferita lacero-contusa al cuoio capelluto. In seguito, hanno deciso di sporgere denuncia alla stazione dei Carabinieri di Cesena per lesioni aggravate contro ignoti.
Se già da queste sole informazioni la vicenda risulta raccapricciante, le prime indagini dipingono un quadro preoccupante: il gruppo, infatti, sarebbe non solo affiliato a neofascisti della zona, ma anche molto giovane, con i suoi membri tutti under 20, andando a confermare, ancora una volta, un fenomeno, di cui avevamo già parlato in passato: la diffusione di forme di radicalizzazione verso l’estrema destra tra i giovani europei.
Un video circolato in rete, registrato poco prima del pestaggio, in effetti, sembra ricalcare l’immaginario estremista di destra: si vedono i membri del gruppo vestiti di nero, che cantano l’inno nazionale alzando le braccia in quello che sembra essere il saluto fascista, mentre tengono in mano uno striscione con scritto “Cesena 1312”. Nonostante, successivamente, le persone presenti nel video abbiano scritto una lettera al Corriere Romagna, in cui dichiarano che il video non aveva intenti politici, secondo i Carabinieri il pestaggio aveva invece un intento “squadrista” e il gruppo sarebbe legato anche al mondo della tifoseria ultras, nonostante non pare sia affiliato alla tifoseria ufficiale.
Il 20 ottobre la Rete antifascista di Cesena e l’Anpi hanno organizzato una manifestazione in Piazza della Libertà per esprimere solidarietà alle vittime, a cui hanno aderito circa 200 persone, tra cui il sindaco e la CGIL, il cui rappresentante ha dichiarato: “Non possiamo accettare sottovalutazioni perché gli episodi sono sempre più frequenti, e non possiamo tollerare che questi personaggi si nascondano dietro al tifo sportivo per diffondere odio e paura.”
Purtroppo, non si tratta di un caso isolato, come dimostra quanto avvenuto il 28 agosto scorso: davanti a Corte Dandini, sede di Casapound, tre ragazzi di 25 anni, tra cui un cittadino italiano afrodiscendente e un cittadino ivoriano, si sono sentiti prima rivolgere degli insulti con epiteti razzisti, per poi essere aggrediti fisicamente da una quindicina di persone, che hanno lanciato contro di loro sedie, cinture e bottiglie. Una delle tre vittime è finita in Pronto Soccorso.
In entrambi i casi, le persone coinvolte tentano di minimizzare l’accaduto, cercando di svincolarsi dalla matrice fascista e razzista. Nel caso di Villa Dandini, Casapound derubricò l’accaduto a un “litigio tra quattro persone” avvenuto davanti alla loro sede, mentre nella lettera sopracitata si parla di una “cena fra amici” e si fa vittimizzazione secondaria sulle vittime, accusandole di essere state loro a provocare per prime e questo basterebbe, in qualche modo, a giustificare il pestaggio. Anche il movimento Difendi Cesena, in un post sulla loro pagina Facebook ufficiale, sostiene questa tesi, con una retorica tipica dei movimenti di estrema destra: il focus viene spostato dalle vittime a una generica e non ben definita “sinistra”, il pestaggio è definito una “rissa” e i membri del gruppo sono vittimizzati: sono definiti italiani che “anziché scappare o soccombere al bullismo di certe seconde generazioni, reagiscono e prevalgono”. Poi le argomentazioni toccano altri temi cari a questi movimenti: la sicurezza, la criminalità legata alle cosiddette “baby gang” e agli “immigrati”, nonostante non siano attinenti all’accaduto.
Il cittadino albanese, che in prima persona si è esposto per diffondere a livello mediatico quanto accaduto, ha dichiarato, sempre nell’intervista, di essersi sentito profondamente ferito nel leggere “commenti pieni di odio, di superficialità, di accuse infondate […] Non scrivo per alimentare scontri, ma per affermare la mia dignità.”
Una dignità che viene calpestata ogni giorno, non solo nei singoli episodi di violenza come questi, ma anche nelle retoriche che vengono utilizzate per stigmatizzare e criminalizzare le persone con un background migratorio.










