30-04-2017, Santo Stefano Belbo(CN) - Piemonte
Un ragazzo africano, richiedente asilo seguito dalla cooperativa Crescereinsieme, viene brutalmente aggredito nel pomeriggio mentre si sta recando in un paese vicino per incontrare un amico. Passa accanto ad un’auto parcheggiata con due uomini a bordo che, appena lo vedono, gli mostrano il dito medio in segno di spregio, chiamandolo “negro”. I due scendono poi dall’auto, raggiungono il ragazzo in bicicletta e continuano ad insultarlo mettendosi davanti ed impedendogli di proseguire. Uno dei due gli sferra due potentissimi pugni al volto provocandogli gravi fratture al naso e ad un occhio. Subito dopo, come raccontato dalla vittima del pestaggio e confermato dalle telecamere di sorveglianza, uno dei due si è allontanato e l’altro (quello che aveva sferrato i pugni) è stato prelevato da un’auto guidata da una terza persona. Nonostante grondasse sangue dal viso e fosse visibilmente molto sofferente, il ragazzo viene lasciato a terra e nessuno dei passanti, che aveva assistito all’aggressione, lo soccorre. Solo qualche giorno dopo, quando ancora è ricoverato (con una prognosi vicina ai 60 giorni a causa delle fratture facciali), sporge denuncia ai carabinieri. Dopo una serie di indagini, i Carabinieri identificano E. T., 44 anni, cittadino macedone, come responsabile dell’aggressione. La Corte d’Appello di Torino, nel gennaio 2021, conferma in pieno la sentenza di primo grado inflitta: 9 mesi di reclusione oltre al risarcimento danni da definirsi in sede civile. L’uomo non è stato condannato solo per la violenza gratuita contro uno sconosciuto, ma anche per “l’aggravante dell’odio razziale” che ha accompagnato l’aggressione.
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