“È essenziale l’obbligo per l’immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale”. E’ la frase contenuta nelle motivazioni della sentenza con cui la Corte di Cassazione ha condannato un uomo di origine indiana, di religione sikh, al pagamento di 2mila euro di multa per porto di arma impropria, rappresentata dal coltello kirpan che portava alla cintura. Un coltello che per i sikh rappresenta un importante simbolo religioso.
La vicenda risale al febbraio del 2015, quando il Tribunale di Mantova aveva condannato l’uomo alla pena di cui sopra, dopo che la polizia locale lo aveva trovato in possesso del coltello. L’imputato aveva presentato ricorso, richiamando l’articolo 19 della Costituzione. Un ricorso perso, perché secondo la Cassazione “è essenziale l’obbligo per l’immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale”. Sono proprio queste le parole scelte dai giudici, secondo i quali “l’immigrato” che “ha liberamente scelto di inserirsi” nella società occidentale deve “verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano”, e “non è tollerabile che l’attaccamento ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante”.
La sentenza n. 24084, del 15 maggio 2017, prosegue poi individuando “la sicurezza pubblica come un bene da tutelare”, concetto sulla base del quale “il nostro paese [..] pone il divieto del porto di armi e di oggetti atti ad offendere”. E’ ancora “l’ordine pubblico” ad essere richiamato, insieme all’articolo 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che, al secondo comma, stabilisce che la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo “può essere oggetto di restrizioni che costituiscono misure necessarie in una società democratica”.
La sentenza della Corte di Cassazione fa riflettere, perché non interviene esclusivamente nel merito della vicenda dell’uomo fermato a Mantova, richiamando i limiti alla professione della propria fede religiosa presenti nell’ordinamento giuridico italiano e legati alla necessità di tutelare la sicurezza pubblica.
Lo evidenzia Alberto Guariso dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, il quale, intervistato dal Corriere della Sera, afferma: “La Convenzione europea dei diritti umani stabilisce che si possano porre limiti alla libertà di manifestazione del pensiero se sono necessari per proteggere l’ordine pubblico e quindi la sicurezza”. Proprio per questo, “era inutile il passaggio sulla necessità di tener conto dei valori dominanti della nostra società”. Necessità che i giudici della Corte hanno però deciso di ribadire, palesando così una specifica visione dell’intera società, secondo la quale le persone che vivono nel nostro paese non sono sullo stesso livello: ci sono “gli immigrati” e c’è “il mondo occidentale”, con i suoi “valori”, ai quali gli immigrati si devono conformare.
Il compito della Corte di Cassazione dovrebbe essere qui quello di verificare se il giudice che ha pronunciato la decisione oggetto di ricorso abbia applicato correttamente la norma. In questo caso, se è stato rispettato il divieto di portare con sé ciò che potrebbe diventare un’arma. Con questa sentenza la Corte sembra però andare oltre il mandato, richiamando invece all’ “obbligo di rispettare i valori della società ospitante”. Un richiamo rischioso, diffuso peraltro nello stesso giorno in cui la polizia ha arrestato i responsabili del Cara di Isola Capo Rizzuto, in seguito all’indagine che ha fatto emergere “un business lucroso controllato dalla mafia con l’avallo di notabili locali, inclusi uomini di chiesa”, come ricordato ieri da Chiara Saraceno su La Repubblica. La coincidenza ci impone una riflessione su quali sarebbero “i valori del mondo occidentale”, e su come faranno, le persone vittime di questi business – ossia i migranti – “ad imparare i nostri valori, se i primi a negare i valori basilari del rispetto della dignità altrui e dei diritti umani sono coloro cui lo stato li affida, anche contro la loro volontà?”. Una domanda lanciata da Saraceno, che ha invitato a “concentrarci davvero su quelli che dovrebbero essere i valori che ci contraddistinguono come soggetti civili e democratici, il rispetto dell’altro e della sua dignità come essere umano”.
Un invito che ci sentiamo di sottoscrivere in pieno.