Ieri, il Milan ha abbandonato una partita amichevole, dopo i cori razzisti rivolti a tre giocatori rossoneri da circa 20 ultras del Pro Patria, la squadra di casa.
Il gesto del Milan è stato il primo segnale davvero forte con cui si è voluto dire basta a una pratica, quella dei cori e degli striscioni razzisti, decisamente frequente sui spalti degli stadi italiani.
Nonostante il plauso dei più, c’è però chi minimizza: e a farlo è proprio il sindaco di Busto Arsizio, città dove si giocava l’amichevole, che all’agenzia Ansa ha dichiarato: “E’ colpa soprattutto di quattro deficienti, magari anche di quattro professionisti che non hanno saputo fare il loro lavoro, intendo arbitro e alcuni giocatori”.
Il sindaco Gigi Farioli definisce “impropria” la reazione di Boateng, il giocatore maggiormente colpito dagli insulti razzisti, che ha scagliato il pallone verso il settore degli ultras del Pro Patria.
Farioli ha spiegato all’Ansa di non aver “sentito nulla” dalla tribuna dov’era seduto: “Mi hanno detto che ci sono stati tre-quattro pirla che forse non sono neanche di Busto che hanno gridato qualche buu ai giocatori”. Secondo il sindaco “l’arbitro ai primi segnali doveva fermare il gioco, chiamare i capitani e avvisare tramite lo speaker che al buu successivo la partita sarebbe stata sospesa definitivamente, cosa che è stata fatta autonomamente dalla società”. E in merito al gesto di Boateng, afferma: “Se questi professionisti avessero svolto il loro ruolo non sarebbe stata rovinata una festa che a quel punto non poteva più continuare. Se fosse stato al Bernabeu o a San Siro non avrebbe avuto questa reazione impropria”.
Nulla da dire invece contro il conseguente abbandono del campo da parte del Milan, società che secondo il sindaco “si è comportata benissimo”. Ma allora, se si condivide il segnale che la squadra rossonera ha dato, perchè minimizzare il gesto che lo ha causato?