
Il Tribunale di Imperia ha emesso ieri la sentenza di condanna nei confronti dei tre uomini (30, 41 e 46 anni) che il 9 maggio 2021 aggredirono per strada a Ventimiglia con pugni, calci e sprangate Moussa Balde, giovane di 23 anni originario della Guinea, mentre stava chiedendo l’elemosina di fronte a un supermercato.
Il pestaggio, documentato in un video diffuso online, suscitò grande indignazione. Moussa Balde, ricoverato a seguito della violenta aggressione, fu (incredibilmente) trasferito direttamente dall’ospedale al CPR (Centro di Permanenza per i Rimpatri) di Torino, in quanto senza documenti e destinatario di un provvedimento di espulsione. Qui, nella notte tra il 22 e il 23 maggio 2021, si suicidò nell’area di isolamento sanitario Ospedaletto. La morte del ragazzo portò alla denuncia da parte di diverse associazioni delle condizioni di trattenimento nel CPR e alla chiusura dell’area di isolamento sanitario del centro, raccomandata dallo stesso Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, secondo il quale l’alloggiamento all’interno dell’area “Ospedaletto” del CPR di Torino configurava “un trattamento inumano e degradante”.
La storia tristissima di Moussa Balde la cui morte si sarebbe potuta evitare
Il ragazzo era arrivato per mare in Italia nel 2017 e aveva richiesto la protezione internazionale. Per alcuni mesi era stato ospitato in un Cas di Imperia dove aveva frequentato la scuola, ottenendo la licenza media, e partecipato ad alcune iniziative del centro sociale “La Talpa e l’Orologio”. Nel 2019, non avendo ancora ricevuto la convocazione per l’esame della sua richiesta di asilo, aveva deciso di recarsi in Francia. Tornato in Italia nel 2020, privo di domicilio, aveva saltato la convocazione da parte della Commissione ed era rimasto senza documenti. Aveva così iniziato a vivere per strada in condizioni psicologiche precarie e a chiedere l’elemosina, fino alla violenta aggressione del 9 maggio 2021.
La condanna degli aggressori
I tre responsabili della aggressione compiuta a Ventimiglia, individuati in poche ore e indagati per “lesioni aggravate dall’uso di corpi contundenti”, dichiararono di aver reagito a seguito del tentativo di furto di un telefonino ad opera di Moussa Balde. Tesi contestata da Moussa, secondo quanto dichiarato dal suo legale, che lo aveva incontrato nel Cpr di Torino.
Il pm aveva chiesto 2 anni e 8 mesi di reclusione per ciascuno dei tre uomini, ma non aveva contestato l’aggravante di razzismo, come ha ricordato ieri un’attivista dell’associazione Imperia Solidale nel corso di un sit-in di solidarietà organizzato di fronte al Tribunale.
Infine, ieri la condanna di primo grado degli aggressori a due anni di reclusione, con sospensione condizionale della pena, e il riconoscimento di un risarcimento di 3mila euro alle parti civili, che hanno contestato la prognosi di soli 10 giorni disposta dai medici a seguito del pestaggio. Le motivazioni della sentenza sono attese entro 90 giorni.
Ancora da chiarire cosa è successo a Torino
Sono invece ancora in corso le indagini della Procura di Torino a carico di nove persone in relazione alla morte del giovane all’interno del CPR di via Brunelleschi. Le ipotesi di reato sono ancora al vaglio degli inquirenti.
Quello che purtroppo è certo è che un giovane di 23 anni, arrivato nel nostro paese per chiedere asilo, stanco di attendere una risposta dalle istituzioni si è trovato a vivere per strada senza documenti in condizioni di fragilità estrema. Qui è stato vittima di un pestaggio brutale. Nonostante questo, è stato trasferito in un centro di detenzione senza che fossero valutate a fondo le sue condizioni di salute fisica e psicologica. E qui ha perso la vita. Non c’è bisogno di attendere l’esito dell’iter giudiziario per affermare che di sicuro hanno fallito le istituzioni che avrebbero dovuto proteggerlo e per manifestare solidarietà alla famiglia che attende ancora di sapere cosa è successo davvero in quella maledetta notte tra le mura del Cpr di Torino.