
Una nuova affermazione da parte di un esponente del governo fa discutere, è la volta del viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.
Lo scorso venerdì 30 giugno, durante Fenix, festa di Gioventù Nazionale, organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia, il viceministro viene chiamato ad intervenire. Nel corso dell’intervento si assiste ad una pericolosa mistificazione del colonialismo italiano; il viceministro ha infatti affermato: «Gli italiani sia nel periodo pre-fascismo, sia durante il fascismo… quindi voglio dire il governo italiano, l’Italia nei suoi cento anni di colonie, in Africa ha costruito e ha realizzato». Il viceministro ha poi aggiunto, come è possibile vedere nel video dell’intervento pubblicato da Fanpage, un’allusione alla «cultura civilizzatrice italiana» completando una riscrittura precisa non solo dei fatti storici, ma del significato in sé di cosa è il colonialismo e di cosa ha rappresentato il colonialismo italiano.
Il rimosso storico
Il colonialismo italiano è uno dei grandi rimossi storici del paese. Spesso quando si pensa al colonialismo si immagina solo la violenza francese o l’imperialismo inglese, ma dietro la costruzione delle infrastrutture a cui ha fatto riferimento Cirielli vi è anche un torbido passato di violenze inaudite che hanno insanguinato i territori che per Mussolini rappresentavano l’agognato «posto al sole»: l’Etiopia – primo Stato che riuscì a liberarsi dal controllo italiano rappresentando uno dei pochi Stati africani a non essere di fatto colonizzato -, l’Eritrea, la Libia e la Somalia. Come sottolinea Davide Conti in un articolo per il Manifesto, il grandissimo lavoro dello storico Angelo Del Boca ha svelato come il governo fascista nel 1936 abbia utilizzato contro la popolazione civile esplosivi, bombe all’iprite e gas asfissianti, questi ultimi vietati dalle leggi internazionali vigenti all’epoca. Un’ingente quantità di documenti storici testimonia come il colonialismo italiano non sia esente da crimini di guerra, soprattutto nella campagna di occupazione di Addis Abeba. Proprio il governo fascista, dunque, è stato protagonista di una pagina nera della storia che ha investito tanto l’Italia quanto gli altri stati africani interessati nella storia coloniale della penisola, le parole del viceministro Cirielli sono quel pericoloso dispositivo che, insieme alla retorica degli «italiani brava gente», seppellisce la vera storia coloniale italiana nel dimenticatoio.
Il razzismo dietro la «cultura civilizzatrice»
Questo rimosso storico, che si trascina dietro in parte anche l’idea di cosa ha rappresentato il fascismo, è una delle tante cause del razzismo strutturale e sistemico presente in Italia, ma anche dell’incapacità da parte di una parte della società nel riconoscerlo. Dietro quel concetto di «cultura civilizzatrice» a cui si è appellato il viceministro Cirielli, vi è una precisa visione politica che accetta lo sfruttamento delle risorse di altri territori a scapito dello sviluppo autonomo degli stessi, una visione che vede l’altro come incapace senza la guida occidentale di autodeterminarsi, una visione in cui lo straniero oggi è costantemente inferiorizzato. E’ una retorica, quella del viceministro, che si allinea alle parole del Ministro Piantedosi quando parlava di “carico residuale” con riferimento alle persone migranti o a quelle del Ministro Lollobrigida nel momento in cui paventava la minaccia di una “sostituzione etnica”: in nome di una presunta pura italianità a cui si attribuisce il valore morale del bene o del giusto, si giustificano fin troppo facilmente le varie forme di discriminazione strutturale a cui gli esclusi da questa italianità sono sottoposti, vale a dire le persone di origine straniera o i migranti.
Ad oggi, il viceministro Edmondo Cirielli non ha risposto con alcuna dichiarazione in merito alle reazioni profondamente critiche rispetto alle sue parole. Non è presente ancora alcuna presa di responsabilità rispetto alle affermazioni sul passato coloniale italiano, né su come ancora una volta un esponente del governo stia mistificando a conti fatti il fascismo, come se ancora una volta in quel passato così oscuro e violento ci fosse un qualcosa di buono che lo legittimi.
Da questa parte, invece, rimane una ferma condanna del colonialismo, del fascismo e di ogni retorica divisiva e discriminatoria che allude alla superiorità di una cultura o di un popolo, perché affermazioni come quelle fatte lo scorso venerdì non si possono più accettare.