Il 13 e 14 gennaio scorsi, una cinquantina di persone detenute nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Torino ha dato vita a una manifestazione di protesta, con incendi di materassi e tentativi di fuga. Il motivo della contestazione era, ancora una volta, legato alle pessime condizioni in cui queste persone sono costrette a vivere all’interno del Cie.
In particolare, da giorni i migranti si lamentavano del forte freddo, dovuto alla mancata accensione dell’impianto di riscaldamento in alcune aree della struttura.
Secondo quanto riferito da alcuni migranti agli operatori dello Sportello Immigrazione della Confederazione Unitaria di Base Piemonte, la mattina del 15 gennaio la polizia ha fatto irruzione nelle stanze, facendo ricorso alla violenza per effettuare alcune perquisizioni.
Questa una delle testimonianze raccolte: un uomo ha dichiarato di essere entrato nella sala colloqui reggendosi a un volontario della Croce Rossa poiché non in grado di camminare da solo e di essere stato svegliato dalle manganellate della polizia, e ha mostrato all’operatrice legale delle fasciature improvvisate, fatte con asciugamani, all’altezza della vita. Ha affermato inoltre di non aver ricevuto alcun tipo di assistenza medica, se non una puntura calmante. Il cittadino trattenuto ha inoltre confermato il motivo della protesta – l’assenza di riscaldamento nelle stanze -, parlando poi in modo più generale delle condizioni di vita degradanti all’interno del CIE, che provocherebbero un diffuso malcontento quotidiano.
Situazione confermata da un volontario della Croce Rossa che, interrogato dall’operatrice dello sportello sulla protesta dei giorni precedenti, ha dichiarato che tali episodi rappresentano la quotidianità del CIE di Torino.