
Il 18 Aprile del 2015 al Largo della Libia naufragò un peschereccio con a bordo tantissime persone migranti, anche un minore. 1022 furono le vittime, 28 i sopravvissuti, molti si ricordano di quella strage per una storia particolare, quella di un bambino che aveva cucito sulla propria giacca la pagella. Ma cosa succede quando anche dopo quell’ennesima strage i riflettori si spengono e si esaurisce la commozione? A distanza di dieci anni uno dei sopravvissuti, Sekou Diabagate in dialogo con Eleonora Camilli a pagina 15 dell’edizione del 17 Aprile 2025 de La Stampa, non ci racconta solo di quella notte, ma ci restituisce un ritratto di un immutato presente, fatto di assenza di volontà politica di intervenire in maniera strutturale a tutela delle persone migranti e della disumanizzazione che quest’ultime vivono.
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