Il 12 aprile, una ragazza di 13 anni viene aggredita da alcuni suoi coetanei (tre ragazze di tredici anni e un ragazzo di quattordici) nella palestra di una scuola medi adi Anzio. La giovane viene accerchiata, insultata e picchiata a calci e pugni con estrema violenza, facendole battere anche la testa su un gradino. E’ riversa per terra, con il volto insanguinato, quando l’insegnante ritorna in palestra. Degli aggressori, invece, nessuna traccia. I genitori, una volta allertati, hanno sporto una denuncia presso i carabinieri di Anzio, facendo anche un preciso riferimento ad un presunto “movente razzista”. Infatti, prima di picchiarla, i quattro giovani aggressori le avrebbero urlato ‘argentina di m……’. La giovane, infatti, per molti anni ha vissuto con la famiglia in Sudamerica e solo di recente è tornata in Italia. Intervistata dal quotidiano La Repubblica, ha raccontato i momenti dell’aggressione subita e gli insulti razzisti. “Ero svenuta e mi sono risvegliata urlando dopo l’ultimo calcio in faccia. Ero convinta che sarei morta”.
Sul caso indagano i carabinieri di Anzio, che oltre a vagliare la posizione dei quattro aggressori per i reati di lesioni in concorso aggravate dal movente razzista, stanno verificando eventuali responsabilità della scuola. La Procura per i minorenni ha aperto un fascicolo, ma solo il quattordicenne è imputabile, mentre le altre tre ragazze sono troppo giovani. A sporgere denuncia sono state anche le mamme delle tre coetanee, le quali hanno presentato un referto con una prognosi di sette giorni.
Secondo il racconto della mamma della vittima, “l’aggressione era nell’aria, da una settimana le avevano detto che l’avrebbero gonfiata di botte. Era da novembre scorso che segnalavo al dirigente e anche all’ufficio scolastico messaggi offensivi e persecutori nei confronti di mia figlia. Altre volte è stata spintonata e le hanno preso delle cose, ma nessuno ha fatto niente”. Oltre all’aggressione, gli insulti razzisti venivano pubblicati anche nella chat di classe. La tredicenne ricoverata ora in ospedale, con la frattura del setto nasale, oltre a varie ecchimosi, dovrà subire un’operazione e non guarirà prima di 25 giorni.
Un altro aspetto inquietante di tutta questa vicenda è che, mentre la vittima dell’aggressione attendeva il suo turno all’accettazione del pronto soccorso, c’era qualcuno che riprendeva la scena, per poi mandare i video sui social network. La famiglia della ragazza ha presentato denuncia anche per questo.
Un altro grave episodio di violenza si è verificato quasi in contemporanea a Tortona. In questo caso, la vittima è un giovane ragazzo indiano di 13 anni appartenente alla comunità Sikh presente da anni in città. Il giovane è finito in ospedale con lesioni e diverse fratture guaribili in circa un mese, dopo essere stato circondato, aggredito, minacciato e picchiato da alcuni suoi coetanei, solo perché portava il turbante, come prescrive la sua religione. L’aggressione è avvenuta nell’oratorio di San Bernardino. I genitori del ragazzo hanno immediatamente presentato denuncia. Anche su quest’episodio, reso noto dall’amministrazione cittadina sul profilo Facebook, dopo l’incontro del sindaco con i rappresentanti della comunità Sikh di Tortona, stanno indagando i carabinieri.
La maggior parte dei quotidiani ha subito etichettato questi due casi come episodi di “bullismo”. Stessa età, stessa dinamica, stesso richiamo al razzismo. E per di più sono due aggressioni compiute alla luce del giorno e in luoghi di aggregazione, dove di certo non si educa all’uso della violenza. Ora, ricondurre questi episodi violenti in un calderone che contiene tutto e che spesso confonde anche le idee, è troppo facile e non aiuta a comprendere il problema. La categoria di “bullismo” oramai è utilizzata per tutto, spesso “normalizzando” anche episodi ben più gravi di quello che sembrano. E pare che più si parla di “atti di bullismo”, più questi si riproducono. L’uso della violenza per comunicare e per risolvere i conflitti è ciò che noi adulti spesso trasmettiamo ai bambini. E ciò diventa ancora più grave se accompagnato da atti di razzismo. È importante, come abbiamo più volte detto, identificare e nominare i fenomeni che accadono con il giusto nome. Soprattutto quando si tratta di violenze intollerabili e ingiustificabili.