La crisi aggrava sempre di più la situazione dei cittadini stranieri: lo afferma l’Istat nel suo Rapporto Annuale 2014 sulla Situazione del Paese, presentato oggi.
Con un tasso di disoccupazione del 17,3 per cento (11,5 per cento quello degli italiani), sale il divario tra cittadini di origine straniera e italiani, che se nel 2008 era di due punti nel 2013 è di ben sei.
La comunità che sembra risentire maggiormente di questa situazione è quella marocchina: dal tasso di disoccupazione del 10,7 per cento del 2008 si trova nel 2013 con un indicatore al 27,2 per cento, che arriva addirittura al 38,8 per cento per le donne. Per quella che l’Istat definisce “vulnerabilità occupazionale delle donne marocchine” una grande responsabilità risiede nella mancanza di “sostegni familiari per la cura dei figli”: un aspetto, questo, che evidenzia come ancora oggi in Italia i lavori di cura e assistenza gravino soprattutto sulle reti familiari, piuttosto che su servizi statali di welfare.
La comunità marocchina – insieme a quella albanese – è anche quella con la più grande riduzione del tasso di occupazione, con una flessione di 19 punti e un valore dell’indicatore che si attesta intorno al 60,5 per cento.
Tra le donne scendono soprattutto i tassi di occupazione delle cittadine moldave, filippine e ucraine (con cali rispettivamente di -11,0, -9,3 e -8,5 punti percentuali e valori dell’indicatore pari a 64,8, 78,3 e 68,1).
In generale, tra il 2008 e il 2013 il tasso di occupazione relativo alla popolazione di origine straniera si è ridotto di 9 punti, attestandosi al58,1 per cento. Sul totale dei lavoratori – italiani e stranieri – la riduzione registrata è invece di 3 punti.
I dati relativi agli occupati di origine straniera segnalano una dinamica negativa in tutti gli anni della crisi, con un’accentuazione a partire dal 2012. Tra il 2008 e il 2013 l’indicatore si è ridotto di 14,0 punti per gli uomini e 3,4 punti per le donne (pari al 67,9 per cento e 49,3 per cento).
Per quanto riguarda il ritmo di crescita dell’occupazione straniera, nell’ultimo anno è decisamente rallentato, con un incremento di appena 22 mila unità, esclusivamente femminili. Alla base di questo c’è il fatto che le donne di cittadinanza straniera trovano prevalentemente impiego nell’unico settore che ha conosciuto un incremento occupazionale, ossia i servizi di assistenza e cura alle famiglie.
La situazione è ancora più critica nei casi di famiglie con capofamiglia di cittadinanza straniera: rispetto al 2008 le famiglie straniere senza pensionati e redditi da lavoro sono più che triplicate, passando da 98mila alle 311mila del 2013, che pesano per il 14,9 per cento sul totale delle famiglie – italiane e straniere – che versano in queste condizioni. Nel 2008 il loro peso relativo sul totale era del 7 per cento.
Sul totale delle famiglie straniere con almeno un componente in età lavorativa, la quota di quelle senza redditi da lavoro arriva al 15,5 per cento (era il 7,4 per cento nel 2008): il picco si trova nel Mezzogiorno, dove raggiunge il 27,0 per cento.
Aumentano le famiglie straniere economicamente più deboli, e specularmente si registra un calo di quelle più forti: la quota delle famiglie straniere plurireddito scende dal 29,6 per cento del 2008 al 24,2 per cento del 2013.
I cittadini stranieri seguono la tendenza degli italiani ad avere un unico occupato in famiglia: il 58,7 per cento delle famiglie straniere con almeno un componente in età lavorativa rientra in questo modello. Si registra in questo una differenziazione tra sud e nord Italia: nelle regioni settentrionali la componente femminile sembra compensare la perdita di occupazione degli uomini, visto che, se da una parte si rileva un netto calo delle famiglie sostenute da un unico uomo occupato (dal 44,7 per cento del totale del 2008 al 36,6 per cento del 2013), dall’altra si registra l’incremento di quelle sostenute da una donna (dal 16,3 al 23,0 per cento). La stessa cosa non si può allargare al resto del Paese.
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