
I giornali locali ne hanno parlato soltanto ieri, ma il fatto risale allo scorso 30 marzo, quando in una strada affollata del centro di Sezze, è stato aggredito “per futili motivi” un cittadino romeno di cui non conosciamo il nome. L’uomo è stato picchiato a schiaffi e pugni da due giovani del posto, un 17enne e un 20enne. Le indagini della Squadra Mobile di Latina, avviate immediatamente dopo il ricovero in ospedale della vittima, hanno portato all’arresto dei due aggressori, che a seguito di due ordinanze di custodia cautelare per tentato omicidio, si trovano rispettivamente in un Istituto Penale Minorile e in carcere.
A quanto accertato dagli investigatori, il più giovane avrebbe colpito la vittima con uno schiaffo al volto, ed il più grande, che pratica la boxe a livello amatoriale (cosa che ci riporta tragicamente alla memoria la brutale aggressione che è costata la vita di Willy Monteiro Duarte, ndr) gli avrebbe sferrato un violento pugno al mento che lo ha fatto cadere sull’asfalto esanime, provocandogli la frattura del cranio ed un’emorragia cerebrale. Sottoposta a delicati interventi chirurgici, ora la vittima fortunatamente non è più in pericolo di vita.
Secondo la stampa e secondo chi sta conducendo le indagini, alla base dell’aggressione ci sarebbe stata la “voglia di sfogarsi” e la “noia” dei due giovani, la loro “voglia di divertirsi” approfittando del fatto che l’uomo fosse “poco reattivo” ed in stato confusionale perché in evidente stato di ebrezza. Cosa già di per sé grave e assolutamente non giustificabile. Non si accenna minimamente all’eventualità di un possibile movente razzista.
Ma vi è anche un altro dettaglio che appesantisce il racconto e la gravità dell’accaduto: la Questura ha reso noto che «nonostante l’accertata presenza di numerose persone sul posto, in pieno centro cittadino del paese, i poliziotti hanno riscontrato ritrosia e notevole difficoltà nel trovare testimoni diretti dell’accaduto». Tant’è vero che inizialmente gli inquirenti avevano ricondotto l’accaduto ad un malore in strada.
Di ieri anche la notizia di un nuovo pestaggio, questa volta a Ventimiglia, sempre in pieno giorno, sempre in pieno centro, fra via Roma e via Ruffini, e sempre ai danni di un giovane cittadino straniero (in questo caso di origini africane, non ancora identificato, ma che dovrebbe avere circa 30 anni). Tre uomini, armati di un tubo ed un bastone, hanno colpito più volte il ragazzo, anche con calci e pugni, sferrati anche dopo che era riverso per terra. Finito il pestaggio, i tre si sono tranquillamente dileguati.
Secondo alcune indiscrezioni, sembra che gli inquirenti stiano escludendo il movente razzista, propendendo per una sorta di “spedizione punitiva” legata a precedenti molestie. Sembra, infatti, che il giovane straniero vittima dell’aggressione si trovasse in stato di alterazione alcolica e che avrebbe molestato una coppia all’interno di un supermercato. Questa seconda aggressione è stata anche filmata in un video amatoriale poi postato e diventato virale sui social network. Una scena terribile, ripresa con il telefonino da alcuni residenti che si sono messi a gridare perché qualcuno fermasse la violenza del gruppo. Oltre alle grida della vittima, nel filmato si sente la voce in sottofondo di una donna che urla: “Lo ammazza”, “Lo sta ammazzando”, “scendete, aiutatelo che lo stanno ammazzando”. Ma per strada c’è soltanto un ragazzo che si ferma per qualche secondo a guardare la scena e se ne va. Il migrante è stato, poi, soccorso dal personale sanitario inviato sul posto dal 118 e trasferito in ospedale a Sanremo, dove i medici hanno riscontrato alcune lesioni agli arti e un forte trauma facciale.
Un filo sottile lega queste due terribili violenze. Tante, troppe le similitudini. Ci chiediamo come sia ancora possibile che violente aggressioni, come queste appena narrate, possano accadere in pieno centro cittadino, in mezzo alla gente, alla luce del sole, senza che nessuno faccia nulla per evitarle o fermarle. E ci chiediamo come si possa usare una tale violenza per una presunta “molestia” o solo per “passare il tempo e divertirsi”. Questo a prescindere dalla nazionalità delle vittime che tuttavia, ancora una volta, non hanno neanche un nome.